Non è necessario essere degli esperti in politichese per comprendere dove si dirige la questione delle 35 ore : verso un nulla di fatto. Purtroppo sarà un nulla di fatto costoso.
L’idea delle 35 ore è quanto di più insulso si possa immaginare, e l’idea che lavorare qualche ora in meno a Brescia crei qualche ora di lavoro in più a Palermo è una cretineria con il botto. Quello che accadrebbe, in un caso di questo tipo, sarebbe il semplice aumento del costo del lavoro a Brescia, ed il permanere dell’identica disoccupazione a Palermo. Le 35 ore non sono un’idea solidaristica, sono un’idea sciocca. Consapevoli di questo, il governo ed il Pds si stanno sbracciando per far comprendere che non se ne farà niente, e Veltroni, per rendercelo evidente, tenta l’imitazione di Arnaldo Forlani : adesso se ne parla con calma, poi, con calma, presentiamo il disegno di legge, il quale, naturalmente potrà con calma essere discusso e, comunque, quale che sia la conclusione cui giungeremo, nulla sarà fatto che possa prescindere da una serena e calma concertazione con le parti.
Prodi ha annunciato al mondo il ritrovato accordo nella maggioranza di governo, ed ha chiarito che esso verte sulle 35 ore. Ma, alla prova dei fatti, la conflittualità a sinistra non si placa e le 35 ore non si fanno. Parole al vento, quindi. Ma parole che costano.
Infatti, sarà pur vero che della riduzione dell’orario di lavoro, caro a Rifondazione Comunista, ne parleremo in un altro mondo, ma è anche vero che sarà in quell’altro mondo che parleremo delle riforme strutturali del welfare, a cominciare dalle pensioni. Così come è nell’altro mondo che parleremo di una più adeguata regolamentazione del mercato del lavoro.
Il che significa che, grazie alla ritrovata unità di questa maggioranza di governo, noi entreremo nell’Unione Economica e Monetaria, ma caricandoci di tutti gli svantaggi e perdendo tutti i vantaggi. Entrando perderemo la possibilità di utilizzare la leva monetaria per rilanciare lo sviluppo; ma, entrando, ci condanneremo a scontare pesantemente l’arretratezza del mercato interno, dell’articolazione del lavoro, il deficit non riducibile e lo sviluppo soffocato.
Su tutto questo le 35 ore pesano, e pesano perché il male non verrà dalla loro realizzazione (che sarebbe masochismo allo stato puro), ma viene dal loro annuncio. Per il solo fatto che quell’ipotesi esiste il rischio Italia cresce e, quindi, gli investimenti ne risentono. Così come cresce il rischio Francia, la qual cosa, però, non vedo in cosa ci consoli.
In queste condizioni, da qui a due o tre anni, l’ingresso nell’UEM verrà vissuto dai cittadini come una grande sciagura. Il che sarà ingiusto e pericoloso, il che potrebbe portare a vivere avventure negative, il che potrebbe dare nuova lena alle spinte separatiste. La causa di tutto questo sta sotto i nostri occhi, se ne ritrovano tracce consistenti nel rappattumamento della maggioranza di governo, ma ci ostiniamo a non vederla, anzi, vorrebbero farci credere siamo sulla strada giusta. Non è così, purtroppo, che stanno le cose.