Politica

AccaDebito

editoriale giacalone 10 gennaio 2024

Tanti saluti ai saluti romani e tanti saluti alla memoria, che continua a latitare. Desta raccapriccio vedere il manipolo celebrante a braccio teso, ma le questioni che pone sono due e la seconda è la più importante.

La prima, relativa al saluto fascista: sono contrario a proibire e all’uso del diritto penale. Lo sono anche per il negazionismo dell’Olocausto, che è ancora più stomachevole. Quella gente va coperta di palta e disprezzo, non trascinata in tribunale. Il mondo libero è come un organismo sano: non mette fuori legge i virus, li sconfigge. E tanto per non girarci attorno, a noi antitotalitari perché democratici e democratici perché antitotalitari è chiaro che se taluni inneggiano al comunismo è compito principalmente (ma non esclusivamente) della sinistra condannarli ed espellerli; mentre se qualcuno inneggia al fascismo tale dovere ricade principalmente (ma non esclusivamente) sulla destra. Se non ne sono capaci, perché a loro volta a quella robaccia inneggiarono, dimostrano insufficienza culturale e politica. Una mancanza di coraggio che non potranno mai nascondere chiedendo che non si parli più di comunismo e fascismo.

In quanto alla XII norma transitoria e finale della Costituzione, almeno la si legga: non è proibito essere fascisti (che schifo), ma ricostituire il Partito nazionale fascista (che è cosa diversa), mentre agli stessi gerarchi fu interdetto di candidarsi alle elezioni «per non oltre cinque anni». Scaduti nel 1953. I costituenti avevano in mente una Repubblica più forte di quegli scarti della storia. E avevano ragione.

La seconda questione è più importante: i tre uccisi in via Acca Larenzia, a Roma, in una sezione del Movimento sociale, risalgono al 1978, ovvero a una stagione che innescò la crescita abnorme del debito pubblico. Che crebbe a ragion veduta.

La pistola che sparò si ritrovò poi in un covo delle Brigate Rosse. Quell’eccidio fu chiamato a motivazione del terrorismo nero, che partorì falangi stragiste e i Nuclei armati rivoluzionari. Mentre sul lato rosso proliferavano le sigle di invasati assassini. Fu una lunga stagione di guerra civile senza coinvolgimento della popolazione civile. Una stagione che è parte della storia della Guerra fredda, sicché infiltrata da componenti estere, ma nata da tare italiane. Deliri della Patria o della Resistenza tradite. Roba reale, che quotidianamente forniva il bollettino dei ferimenti e dei morti. In quella lunga stagione la spesa pubblica servì anche, manzonianamente, a «sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire».

L’Italia della Ricostruzione era stata possibile senza debito pubblico rilevante. Crescevamo molto e lo spread era calcolato dal marco sulla lira. Chi sostiene che senza far debito non si cresce arreca offesa agli italiani che ricostruirono l’Italia dopo la catastrofe morale e materiale del fascismo. Ma quella stagione terroristica chiamò la spesa pubblica a far da estintore, perché le contiguità furono parecchie e il rischio di contagio molto elevato. Non fu un bene, ma fu giusto.

Questo però moltiplica le responsabilità dei decenni successivi, in cui la spesa pubblica a debito è stata utilizzata – e ancora la si utilizza – non per portare consenso alle istituzioni repubblicane, ma per guadagnarlo ai dispensatori clientelari e assistenzialisti. Per forza che ora preferiscono giocare a fascistelli contro comunistelli e viceversa, piuttosto che fare i conti con un passato assai più vicino del ventennio mussoliniano e assai più presente nella condotta odierna della classe dirigente. Più facile prendersela con i drogati dagli ideologismi, piuttosto che occuparsi della «droga psichedelica» che denuncia il ministro dell’Economia. Essendo esponente di un partito che ne ha reclamato uno spaccio più massiccio e capillare.

Il raduno dei fanatici a braccio teso desta ribrezzo, ma non comporta pericolo. L’accadebito è tema che non sono manco in grado di capire, ma che pesa sulle tasche di tutti i contribuenti onesti.

Davide Giacalone, La Ragione 10 gennaio 2024

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