Politica

Addobbi

Tutto secondo tradizione. In città arrivano gli addobbi natalizi (dall’8 dicembre s’usa mettere anche quelli casalinghi) e si fanno i vertici per modificare la legge di bilancio che i medesimi soggetti hanno varato un mese prima. Anche da qui in poi si procederà secondo le vecchie abitudini: si proveranno accordi per evitare che nello scambio dei regali si dilapidino fortune in cose inutili, ma poi la frenesia degli ultimi giorni e il timore che gli altri non rispettino i patti porterà i più a esagerare; si dirà di non volere eccedere nelle libagioni, ma poi ci si sfonderà; si esprimeranno desideri e formuleranno promesse per l’anno nuovo, salvo poi fare i conti con la prosaica realtà; si annunceranno sgravi fiscali che diabolicamente diventeranno aggravi; e alla fine, preparato il maxiemendamento e posta su quello la fiducia, votando fra l’Avvento e il concertone per l’evento, si assicurerà che la legge è trionfalmente passata ‘a saldi invariati’. Vale a dire che non è cambiato nulla. Talché ciascuno potrà – fra la porta di casa e il portone parlamentare – tornare alla fulminante battuta dei fratelli Vanzina, circa il fatto che anche questo Natale è stato allontanato dal pesare sui genitali.

E vabbè, ci sono cose che non cambiano e fanno parte degli addobbi, ma ci sono anche cose che non hanno senso. Quando, a metà ottobre, è stata varata la legge di bilancio la situazione era identica all’attuale, come identici i protagonisti. Se avevano delle obiezioni non potevano parlarne allora? Invece no: prima si vara, poi ciascuno si fa bello promettendo che ci sarà anche questo e quello, ergo si invita alla prudenza e si fa il vertice che riaccomoda le cose. Naturalmente dando mandato al ministro dell’Economia di verificare la «praticabilità» degli accordi presi, che è come dire che, ancora una volta, s’è parlato senza manco fare i conti o avere idea delle coperture. Tanto poi litigano subito sull’emendamento relativo al canone Rai e si deve rifare tutto durante l’iter parlamentare, cucinando l’emendamento unico che ribadisce al Parlamento e ai parlamentari che le leggi le fa il governo e non ci si deve fare ingannare da una lettura garibaldina della Costituzione. Peraltro sempre a cura della medesima maggioranza (che cambia nel tempo, ma non il modo di procedere).

Così si fanno guai, come capita in campo fiscale. Il governo è nato annunciando che entro la fine della legislatura (ora siamo a metà) avrebbe varato la flat tax, vale a dire una sola aliquota valida per tutti. Qui sostenni che non avverrà mai. Non ho cambiato idea, ma non immaginavo che procedendo a quel modo – legiferando, correggendo e contraddicendo – sarebbero riusciti ad aumentare il caos. Difatti, mescolando le false flat per questa o quella categoria di redditi, gli accorpamenti delle aliquote e il fiorire delle modifiche sulle detrazioni, il numero complessivo delle aliquote reali (vale a dire di quel che si paga realmente, non di quelle fissate in leggi manifesto) è cresciuto. Come anche le complicazioni.

Non basta, perché nel mentre si proclama di volere diminuire la pressione fiscale sul ceto medio capita che – come calcolato dall’Ufficio parlamentare di bilancio – per redditi di poco superiori ai 32mila euro lordi l’anno la pressione possa crescere, in qualche caso in modo enorme e dissennato, fino a un passaggio dal 35 al 56%. E se quello non è un reddito da ceto medio non si ha la minima idea di cosa sia il ceto medio, che si è impoverito e viene trattato come se si fosse arricchito.

Possiamo anche dirci che si deve attendere di sapere quale sarà il gettito del concordato fiscale, in modo da essere precisi sull’entità degli sgravi che ci saranno, ma è come mandare le letterine a Babbo Natale: sarà meno della metà di quel che speravano e non compenserà gli aggravi che sono già in atto. Ma non abbiate timori: quando l’Epifania avrà tutto ciò portato via si aprirà la propaganda per le prossime regionali, restituendo alle tifoserie il loro posto nell’antinferno dantesco, appresso alle insegne ove nulla è scritto.

Davide Giacalone, La Ragione 26 novembre 2024

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