Se discutendo d’adozioni adottassimo il sano costume di documentarsi e studiare, si eviterebbero non poche discussioni inutili. L’adozione dei figli di un genitore naturale, in capo al suo convivente, esiste già, nel diritto italiano. Anche se nessuno pensava di doverla chiamare stepchild adoption. Quella norma è già stata applicata, ripetutamente, in riferimento a coppie i cui componenti sono dello stesso sesso. Altresì detti: omosessuali. Questa roba c’è già. Per applicarla, naturalmente, occorre che ne ricorrano i presupposti, che non consistono nel desiderio di due omosessuali di potersi comunemente intestare dei figli. A me l’ipocrisia non piace, quindi quella roba la chiamo: egoismo. Il diritto delle adozioni (in generale il diritto di famiglia) è indirizzato, giustamente, alla difesa degli interessi dei minori, non all’assolvimento delle fregole degli adulti. Alla cui incoscienza, purtroppo, non si può porre limite.
La legge regola quel tipo particolare di adozione, all’interno di una coppia esistente, ma composta da uno solo dei genitori naturali, partendo dalla tutela della continuità affettiva e di vita dei bambini. Si vogliono inserire criteri diversi? Perché l’ipotesi di un quale che sia automatismo adottivo, che si conquista dichiarandosi in coppia con il genitore naturale, è abominevole, perché quelle persone, come tutte le altre, potranno poi dividersi e riaccoppiarsi. Quanti genitori adottivi, magari sempre dello stesso sesso, deve e può avere un bambino? E tocca solo al genitore naturale valutare l’equilibrio e l’affidabilità del nuovo esercente la patria potestà? Cerchiamo di non dire enormità.
Se una cosa esiste già, di grazia, per quale ragione si stanno scucuzzando da mane a sera? Si dirà: per renderla più facile e fluida. Bella cosa, ma, allora, visto che stiamo parlando degli interessi e dei diritti dei bambini (vero?), sarà bene riprendere il discorso dall’intero problema delle adozioni, che non a caso sono arrivate al minimo storico, in Italia. I bambini abbandonati, purtroppo, sono numerosi. Le due cose non s’incontrano, non nella misura auspicabile e necessaria, perché la procedura è inceppata e richiede d’essere rivista. La domanda è: perché nessuno ne parla, essendo, a quel che sembra, che tutti siano interessatissimi a dire la propria sulle adozioni? (salvo non conoscere la realtà della quale parla). La risposta è: perché oggi il tema è quello dello “step”, che poi sarebbero, in italiano, la matrigna e il patrigno, che, nella gran parte dei casi, furono persone generose che si facevano carico di figli altrui (lo so che tutti pensano a Biancaneve, ma la cattiva, in quel caso, era, appunto, la stepmother).
In questo sbilenco dibattito, inoltre, non si fa che parlare d’amore. Pare che l’amore tutto fondi e giustifichi. Al punto da far sorgere il sospetto che gli astanti siano tutti nati e pasciuti nei libri di Liala. Sarà noto ai più che l’amore può non solo finire, ma degenerare. Ci sarà una ragione per cui le coppie sposate e non separate, divorziate e risposate, entreranno presto fra i soggetti protetti dal WWF. In ogni caso: l’amore è un fatto privato. O no? O siamo arrivati al punto che il legislatore deve occuparsi dei miei palpiti? Quello che si regola, nel diritto, è la salvaguardia dei soggetti deboli, che da cotanto amore possono anche essere stritolati. Sento parlare dei diritti di tutti, dei desideri di tanti e dei capricci di alcuni. Ma sui diritti dei bambini si svicola. Così non fosse ci si sarebbe accorti che il problema grosso è il crollo, non l’impedimento delle adozioni.
Pubblicato da Libero