Politica

Aggrappati all’Europa

La lunga rete di Melilla, enclave spagnola in territorio marocchino, è stata messa a dura prova da due cariche, prima di 500, poi di altre 200 persone. Provenienti dall’Africa sub sahariana e intenzionate a entrare clandestinamente in Spagna. Attenti, perché il punto è decisivo: clandestinamente, nel senso di senza permesso, ma non segretamente. La rete non ha retto l’assalto. E’ rimasta in piedi, ma in 140 sono riusciti a saltarla (è alta 6 metri). La scena di quelle centinaia di uomini appesi per aria, contrastati dalla polizia spagnola, resterà nella nostra memoria. Ma è importante che ci resti lo scopo che gli assaltatori si erano prefissi: saltare la rete, entrare in territorio spagnolo e qui essere condotti nei centri d’accoglienza, naturalmente già in emergenza per troppo affollamento, da dove partirà la loro storia di immigrati, clandestini, ma non più in Africa. Dovrebbe esserci familiare.

La frontiera di terra consente il contrasto aperto, il respingimento fisico. Le forze spagnole, presenti in quel porto franco che è già Spagna, hanno potuto usare i gas al peperoncino perché non c’era il rischio che qualcuno si ferisse gravemente o perdesse la vita. Nel febbraio scorso, invece, 15 migranti che provarono a usare la via del mare, sempre per raggiungere la Spagna, sono morti annegati. Come capita a noi italiani: una volta individuate le imbarcazioni che si spingono nel Canale di Sicilia non resta che soccorrere esseri umani la cui vita è in pericolo. Così facendo, però, si accorcia la distanza che devono coprire: non più fino a Lampedusa, basta superare le acque territoriali. E così, naturalmente, si chiamano masse sempre più grandi a finanziare la tratta di carne umana e puntare all’arrivo nel nostro Paese.

A quel punto, come i 140 di Melilla, si tratta di clandestini, ma non di persone che hanno provato a far le cose di nascosto. Si sono manifestati apertamente e hanno chiesto aiuto. Sotto la rete, dal lato spagnolo, si vedono quelli riusciti ad atterrare che vengono soccorsi dalla Croce Rossa (hanno ferite superficiali, dovute al fil di ferro, ma sanguinanti copiosamente), mentre la polizia cerca di rigettare dall’altra parte quelli che sono già arrivati in cima. Una scena surreale: a pochi metri di distanza si passa dal conflitto al soccorso. Perché lo fanno? Perché sanno che una volta finiti sotto la giurisdizione spagnola sarà difficile rispedirli indietro. Ed è la stessa cosa cui mirano quelli che s’imbarcano verso l’Italia. Conoscono la debolezza del nostro diritto, che, del resto, è tale proprio perché prova a essere umano.

Tutto ciò conferma che non si troverà alcuna soluzione ragionevole se non si considererà la difesa delle frontiere un problema collettivo ed europeo. Il che non comporta, come si fa ora, che i paesi non direttamente esposti paghino un obolo (sempre insufficiente) a quelli che si trovano in prima linea, ma che l’intera faccenda diventi di competenza e giurisdizione europea. Siamo nel pieno di una campagna elettorale, sarebbe un tema da porsi. Sicuramente più interessante del modo dialettale e grossolano con cui sono state impostate le varie propagande. Qui ho già avuto modo d’illustrare quella che penso essere una via seria: si individuino zone extraterritoriali, quindi non italiane, spagnole, cipriote eccetera, dove valga un diritto europeo dell’immigrazione; si qualifichino in quel modo i centri d’accoglienza ove i migranti vengono immediatamente condotti; da qui parta lo smistamento, l’accoglienza e il respingimento, a seconda dei casi, a cura di autorità non nazionali, ma dell’Unione. Non solo diventerà un problema di tutti, ma unica sarà la dottrina da applicarsi, senza ipocrisie di buoni e cattivi, senza esposizione alle speculazioni propagandistiche ed elettorali. Sappiamo quanti ne possiamo accogliere, sappiamo fin dove ci conviene, sappiamo in quali casi siamo obbligati all’accoglienza e sappiamo, infine, che senza respingimenti e rimpatri efficienti, sicuri e tempestivi saremo travolti da una marea non arginabile. Lo sappiamo, ma non riusciamo a farlo.

L’Unione europea può prendere corpo, essere tangibile e verificabile, in materie come questa. Può guadagnarne in credibilità e far sentire ai propri cittadini, delle diverse nazionalità, il peso e il pregio della propria protezione. O può girarsi dall’altra parte e lasciare che le cose procedano così come le vediamo. Non ci si meravigli, però, se questo alimenta il rigetto di una Ue arcigna nel valutare i conti e vile nel non saper fare i conti con problemi così delicati e ineludibili.

Davide Giacalone

www.davidegiacalone.it

@DavideGiac

Pubblicato da Libero

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