Politica

Aiutini

La presidente del Consiglio ha detto che è ora di finirla con i bonus, che sono soldi buttati via. Ha ragione, sarebbe stato meglio non cominciare mai e sarebbe stato meglio se, a turno, non li avessero sostenuti quasi tutti. La logica degli aiutini serve solo a intestare all’elargitore di turno una qualche dilapidazione di soldi altrui che, per giunta, non gli porterà gli sperati benefici elettorali. Prende voti chi ne promette altri.

Bene il farla finita, ma le affermazioni retoriche lasciano il tempo che trovano, anche perché sembrerebbe ve ne siano in preparazione degli altri. Per stroncare questo costoso mercato del raggiro si deve essere capaci non tanto di tenere la contabilità dei costi, quanto quella degli effetti.

Si deve all’Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche una analisi degli effetti di “Garanzia giovani”. Non è forse giusto favorire l’occupazione dei giovani? Se funzionasse. Si è partiti nel 2014 con nella cartuccera 2,7 miliardi da spendere (di cui 2,2 da fondi europei). Molte sono state le aziende che hanno assunto giovani fino a 29 anni, incassando l’aiutino statale, ma quando si è andati a verificare quanti posti in più si sono creati – ovvero se quei posti di lavoro sarebbero stati comunque offerti, perché nel bisogno e nella convenienza dell’azienda – si è constatato che il risultato è desolante: li avrebbero assunti comunque. Non soltanto soldi spesi male ma anche distorcenti, perché se si deve scegliere fra un giovane che conduce a incassare il beneficio e un altro che non rientra in quei paramenti si sceglie il primo, con tanti saluti alla competenza. Se quei soldi fossero stati spesi per formare i profili professionali di cui il sistema produttivo ha bisogno si sarebbero spinte le aziende a farsi concorrenza non sui costi ma sull’innovazione e sulla crescita. L’aiutino ha innescato uno svantaggio per l’intero sistema. Oltre a essere stato un costo.

Lasciamo perdere il disastro dei bonus edilizi – di cui le opposizioni di allora e i governanti di oggi reclamavano a gran voce il mantenimento e l’ampliamento – e i debiti che hanno lasciato in eredità. Quegli strumenti sono inefficaci e controproducenti. A partire dal renziano bonus di 80 euro, che fu presentato come uno sgravio fiscale e si dovette contabilizzarlo come spesa.

Vedremo cosa si leggerà nella legge che delinea il bilancio pubblico, ma intanto leggiamo la preparazione di un altro raggiro semantico, ovvero una presunta flat tax per gli straordinari (che fanno il 60% dei dipendenti, ovvero circa 15 milioni di persone), sull’esempio di quanto si è già fatto per i medici impegnati nello smaltimento delle file – che non si smaltiscono – e il cui lavoro straordinario non viene computato nel montante Irpef ma tassato al 15%. Qui il raggiro è doppio. Intanto perché non è manco per niente una flat tax ma soltanto l’ennesima aliquota specifica, ovvero l’opposto di quella piatta e uguale per tutti. Poi perché se le aliquote Irpef inducono a un comportamento irrazionale, ovvero spingono a non guadagnare di più, è perché sono troppo alte e resta allettante la possibilità di utilizzare il proprio tempo o per lo svago o per il lavoro in evasione fiscale. Non si rimedia a ciò moltiplicando le aliquote di presunto favore e infittendo la già oscura giungla fiscale, ma razionalizzando e preservando la progressività.

Governare (e fare l’opposizione) non è mettersi a scimmiottare la Corte dei conti. Non basta tenere il conto della spesa, ci si deve porre il problema dei suoi effetti. E se la rendicontazione diventa mero adempimento contabile, poi si è ciechi sulle politiche che si promuovono. Tale cecità genera un mondo politico che s’industria a trovare soldi con cui pavoneggiarsi nella presunta generosità, ma disinteressato a come la ricchezza possa e debba essere generata. La prima cosa ha effetti immediati, la seconda richiede visione e tempo. I bonus sono una costosa finzione. Intanto c’è chi spinge in salita e chi finge di aiutarlo rimanendo a bordo per farsi spingere.

Davide Giacalone, La Ragione 4 settembre 2024

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