Politica

Appendino a cavallo

Ha torto nella forma, ma nella sostanza le parole del nuovo sindaco di Torino, Chiara Appendino, pongono un problema serio. Ha detto che non condivide le nomine fatte dal precedente sindaco e dalla precedente giunta, sicché un paio di nominati (il presidente della Compagnia San Paolo, Francesco Profumo, e quello dell’Iren, Paolo Peveraro) farebbero bene ad andarsene. Nella forma ha torto, perché non ha poteri di revoca, ma nella forma ha torto anche chi li nominò, visto che lo fece a mandato oramai quasi scaduto, quando un sindaco uscente dovrebbe preoccuparsi di come fare a rientrare o di tirare un bilancio, non di come occupare un pezzo di futuro, che non gli compete. Più pesante la sostanza.

Dalla Compagnia San Paolo, che è la più grande fondazione bancaria italiana, detentrice di più del 9% della più grande banca, hanno provato ad alzare un ponte levatoio: siamo un “ente autonomo filantropico e di natura privata”. Troppo grazia. Peccato che alla presidenza si trovò anche Sergio Chiamparino, che era già stato sindaco di Torino e si dimise per candidarsi a presidente della regione. Peccato che ai suoi vertici siedano rappresentanti degli enti locali, designati con decreti del sindaco, quindi della politica, mentre la filantropia potrebbe essere malamente intesa. Capita, difatti, che l’attuale presidente, il professor Profumo, fosse presidente dell’Iren (anzi, per qualche tempo sostenne di potere restare presidente di entrambe le cose), dove è stato sostituito da Peveraro. Il quale è un ex assessore comunale della giunta Chiamparino, nonché ex assessore regionale con Mercedes Bresso. Un politico. Che considero definizione nobile, ma anche indizio per capire grazie a quali meriti e a quale attività ha conquistato la presidenza di una società quotata in Borsa, ma partecipata dagli enti locali, quindi dalla politica. Profumo, a sua volta, era colà presidente dopo avere svolto una lunga e onorata carriera universitaria, per poi essere nominato presidente del Cnr e successivamente divenire ministro. Quindi entrando a pieno titolo nella schiera dei politici. Che questo porti a sapere dirigere aziende e fondazioni è da dimostrarsi, che sviluppi la propensione alla filantropia è tesi la cui arditezza richiede intelletti ben superiori al mio.

Appendino appunta le sue ire sul supposto aumento delle retribuzioni, cosa che Compagnia San Paolo smentisce. La cosa mi lascia freddo, trovandola secondaria. Certo, se si devono aumentare le spese, come loro dicono, per pagare esperti da consultare forse lo si deve anche al fatto che non si mettono esperti ad amministrare. Il punto è: se le nomine sono politiche, al cambio della politica si sloggia; se, come nei due casi, questo è impossibile perché non si tratta di posti sottoposti a cambio, ne deriva che i nuovi amministratori avranno leve di potere fin da subito difettose. La soluzione non esiste, se non con il sopprimere l’animale misto e orribile del capitalismo municipale. Appendino, dunque, non prenda il toro per la coda, ma lo affronti dalle corna. Non provi ad appropriarsene, lo sopprima. Se ne sarà capace meriterà un monumento.

Pubblicato da Libero

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