Ci mancava l’arbitro cooptato. E’ una mostruosità l’idea, venuta a Matteo Renzi, di affidare a Raffaele Cantone l’arbitrato destinato a stabilire quali investitori sono stati truffati, dalle banche, e vadano rimborsati. Per tre ragioni.
1. Il presidente del Consiglio non è il depositario di un potere personale, consistente anche nel fare giustizia, talché possa liberamente delegarlo a chi gli pare. Una decisione di quel tipo, tacendo ogni altra considerazione, non dovrebbe essere lanciata in una intervista, ma contenuta in un atto aspirante ad avere valore di legge. E se anche avesse quel potere, che non ha, se anche potesse delegarlo, e non può, appare piuttosto imbarazzante che ricorrentemente, e su temi diversissimi, pensi alla medesima persona. Così la certezza del diritto non si basa sulla norma scritta e sulla procedura per rispettarla, ma sulla consegna del pacco nelle mani di un organismo il cui più importante contenuto sta nel nome. Facile vedere che una condotta di questo tipo tradisce più debolezza e timore che non forza e decisione.
2. Il nostro problema non consiste nel vuoto normativo e nell’assenza di soggetti preposti al controllo e al dirimere contrasti, ma nel troppo pieno e nelle sovrapposizioni. Così procedendo Renzi complica il problema, anziché risolverlo. E, del resto, la ragione per cui è impressionantemente cresciuto sta nell’analoga incapacità dei governi precedenti. Da rottamatore, quindi, a continuatore. Da una parte la Banca d’Italia, dall’altra la Consob: talune competenze si sfiorano e sovrappongono, lasciando nell’ombra a chi spetti far cosa. Aggiungere un altro soggetto è un’aggravante. Senza contare che non ricordo di avere mai sentito un capo del governo rivolgersi così duramente contro queste due autorità di vigilanza e controllo, affermando: “vorrei che l’arbitrato fosse gestito non dalla Consob, non da Bankitalia, ma dall’Anac di Raffaele Cantone, un soggetto terzo, autorevole e dunque di massima trasparenza e rigore”. Sicché i primi due sono soggetti debosciati, coinvolti, opachi, non autorevoli? Ma si rende conto di quel che dice? Ammesso e non concesso che un governante possa avere una simile opinione, dovrebbe curarsi, per ovvie ragioni d’interesse nazionale, di non farla trapelare. Questa è stata esposta a favore di telecamera. E’ ragionevole sostenere che l’autorità di vigilanza non debba essere incaricata delle risoluzioni bancarie, perché questo potrebbe comportare un giudizio sul proprio stesso operato. Ma una così delicata questione si affronta con una riforma della materia, non con colpi di teatro.
3. Renzi dice che i truffati vanno rimborsati. E’ quel che sosteniamo dal primo momento, quindi escludendo chi non lo sia. Ma un truffato presuppone un truffatore e chi è truffatore lo decide un tribunale, mica un arbitro. Per anteporre la seconda cosa alla prima, l’arbitro al giudice, è necessario che i soldi siano presi altrove e che il giudizio arbitrale sia totalmente estraneo a quello penale. Magari con l’idea di rivalersi dopo, in caso di condanne. E’ una roba barocca, destinata a generare contenziosi e a far pagare il conto a chi non ha provocato il danno. Il governo dovrebbe puntare al veloce accertamento delle responsabilità personali, piuttosto che al proliferare di procedimenti destinati a consolidare l’idea che ci sia un marcio sistemico.
A meno che la seconda via non sia imboccata per mascherare affanni e imbarazzi. Nel qual caso spero di rendermi utile avvertendo che no, non ci riesce.
Pubblicato da Libero