Politica

L’autoinganno

L’arte dell’inganno si sublima quando l’ingannatore finisce con l’ingannare sé stesso. Vedo un certo sconcerto per il giudizio di Standard & Poor’s, sulla base di due presupposti: a. le altre agenzie di rating avevano promosso l’Italia; b. i cambiamenti fatti sono rilevanti. E poi, di grazia, lo spread non è forse sceso? No. Non prendiamoci in giro da soli. Quindi, nell’ordine: 1. nessuna agenzia di rating ha segnalato miglioramenti relativi all’Italia, semmai Moody’ e Fitch hanno trasformato la loro previsione da negativa a stabile, che significa: resterete messi male; 2. i cambiamenti sono immaginifici, al momento, visto che il debito cresce, la spesa pubblica cresce e la pressione fiscale li segue, per servirli, il che depotenzia le speranze di ripresa; 3. lo spread scende perché mamma-Bce s’è arrabbiata con i discoli che ci menavano, ma quello spagnolo resta inferiore all’italiano, segno che la gang dei pestatori ci punta prima e più di altri, in attesa che mamma si distragga.

La verità è che un filo lega i giudizi delle agenzie alla vicenda del Mose, ed è lo stesso filo che ci passa attorno al collo: non cambia mai nulla; diciamo sempre le stesse cose; facciamo sempre lo stesso dibattito; presentiamo sempre le stesse ricette. Ma non facciamo un accidente. Dalla corruzione alla giustizia, dal debito alla spesa, sono anni e anni che ripetiamo quel che si dovrebbe fare, ma non lo facciamo. E’ questo che scatena le previsioni cupe, non altro. Se guardassimo con più attenzione dentro la nostra economia potremmo far pernacchie alle agenzie, ricordando loro quanto sono sguerce e in conflitto d’interessi. Ma se guardiamo l’insieme, e non solo chi lavora e continua a essere competitivo, lo spettacolo è desolante.

Dicono: ora c’è una nuova classe dirigente, sono giovani, hanno voglia, ce la possono fare. Magari! Mi preoccupano le somiglianze, però. Dire che la corruzione dipende dagli uomini e non dalle regole è un modo per pigliare l’applauso facile, ma il governo è lì non per la redenzione dell’umanità, bensì per dare regole e rispettarle. Annunciare commissari sempre più ultra-stra-megagalattici, dotati di poteri magici contro la corruzione, è illusorio. E autoillusorio. La sfida non è quella dell’eccezione, ma della normalità. La corruzione è prima di tutto inefficienza e impunità, non si va da nessuna parte se la giustizia non funziona. E’ vero che l’Italia non è stata condannata da Strasburgo e che sulle carceri l’abbiamo sfangata. Ma avete presente come? Liberando i condannati. Pensano che da questo derivi maggiore timore della pena?

Dicono: i giovani ora al governo sono innocenti. No, questo lo nego. Questo è l’inganno più pericoloso, perché tutto basato sul lato penale. I governanti di oggi si sbracciano nel dire che la riforma del titolo quinto della Costituzione è stata una schifezza, che s’è scassato lo Stato e si sono moltiplicate le spese. Bravi, è vero. Ma io lo scrivevo prima che il loro partito la facesse, quella riforma, mentre loro se ne stavano zitti e si facevano eleggere sindaci e assessori. No, non ci sono innocenti. Qui si tratta di spezzare il filo dell’immobilismo, e se vogliono riuscirci non possono farlo sperando di autonominarsi quali unici rappresentanti del bene. Perché quando un vento di follia consente di queste incarnazioni, segue un uragano di pazzia che spazza via tutto.

Quindi: lasciate perdere S&P, smettetela di trastullarvi con le rottamazioni, qui si deve far scendere il debito, la spesa e il fisco. Liberalizzare, rimpicciolire lo Stato, scrivere norme chiare e brevi, far sì che la giustizia sia amministrata dai tribunali e non dalle procure. E’ quello il terreno del cambiamento. Il resto è intrattenimento.

Pubblicato da Libero

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