Il presidente statunitense, Barak Obama, ha commesso quasi tutti gli errori che era possibile commettere. La Siria è in preda ad un conflitto civile nel quale i cattivi sono da tutte le parti e i buoni da nessuna, a parte l’inerme popolazione. Eppure la posizione del governo italiano non mi convince. Ritengo che si abbia il dovere di considerare possibile l’intervento militare, senza attendere il via libera dell’Onu, che non arriverà mai. E che si dovrebbe cogliere l’opportunità di trarne qualche convenienza.
Obama è entrato alla Casa Bianca accompagnato da un Nobel tanto intempestivo quanto ideologizzato. Da allora ha indebolito gli Stati Uniti e creato le premesse di un conflitto devastante. Facciamo un veloce e incompleto elenco: 1. ha distrutto il ruolo della Nato, che Clinton e Bush avevano invece salvaguardato; 2. ha ribaltato le alleanze, rompendo con Israele; 3. ha aperto il tavolo delle trattative con i teocrati di Teheran fermando Israele, ma senza portare a casa nulla; 4. ha annullato la visita da Putin per la vicenda Snowden, dopo che il russo l’aveva definita irrilevante nei rapporti bilaterali; 5. ha scelto il ritiro da Afghanistan e Iraq senza aver chiuso un accordo tra sciiti e sunniti; 6. ha mollato, con le note conseguenze, il suo ambasciatore in Libia; 7. ha usato come emissario con gli iraniani l’ex ambasciatore in Siria, noto per aver costruito il fronte anti Assad; 8. ha tagliato la strada a Kerry sulla questione palestinese; 9. ha fallito nei rapporti con i cinesi (fornitori alla Siria dei missili anti-nave), legandosi le mani con le sue stesse parole sul rispetto dei diritti umani; 10. s’è consegnato ai Fratelli Musulmani, puntando sul fatto che per il solo non essere sciiti sarebbe stato possibile tenerli al governo alle sole spese dei loro popoli, mentre, invece, è chiaro che lo scivolare dell’Egitto verso l’integralismo creava una coalizione di fatto fra Israele e Arabia Saudita, avviando un micidiale regolamento di conti fra dominio arabo e dominio musulmano. Dieci capolavori.
Giovedì sera è arrivata la ciliegina sulla torta: gestendo malamente la faccenda siriana, essendo caduto nella trappola d’indicare come dirimente l’uso delle armi chimiche, in un conflitto in cui le usano gli uni e gli altri, ha perso l’alleato più serio e fedele, suicidando un colpevolmente incapace David Cameron innanzi alla Camera dei Comuni.
L’insieme di questi errori sono stati visti per tempo da Israele, che s’è convinto di dovere agire per i fatti propri. Giustamente. Il che conferma una regola aurea della politica occidentale in Medio Oriente: la bandiera è Israele, se non la si difende si perde in ogni caso. I guai fatti creano due conseguenze: a. La Casa Bianca perde il ruolo di garante, lasciando che gli altri governi occidentali s’arrangino alla meglio, facendo affari in proprio e nessuno essendo incaricato di descrivere equilibri globali, non avendone la forza; b. il Cremlino giganteggia per la fermezza con cui mantiene la propria protezione, e poco importa che il protetto sia Assad (l’Unione Sovietica proteggeva di già la Siria del padre, a dimostrazione che geografia e geopolitica contano più di tante chiacchiere), e diventa imprescindibile per gli equilibri mondiali (ed è per evitarlo che gli Usa avrebbero dovuto avere una politica meno sprovveduta in Cina).
Allora perché non va bene la posizione italiana? Intanto perché è sbagliata in punto di fatto. Siamo stati trascinati nella guerra di Libia, quando Gheddafi era, a confronto di Assad, un benefattore dell’umanità. Per non dire di Mubarak, cui poteva darsi il premio Voltaire. Siamo andati a combattere in Iraq, nel presupposto che potessero esserci armi chimiche, mentre in Siria è una certezza. Inoltre l’intervento è ben visto dagli arabi con i quali si possono intessere relazioni diplomatiche e commerciali promettenti, ed è appoggiato da una Turchia che potrebbe essere così recuperata al rispetto delle libertà occidentali, da cui l’isolamento europeo l’aveva allontanata.
Emma Bonino non ha mai detto che anche dopo un eventuale mandato Onu l’Italia non entrerebbe in guerra, bensì che non sarebbe automatico. Il che è ovvio, dato che ci vuole l’avallo del Parlamento (a meno che il Quirinale non sostenga il contrario, come nel caso della Libia e, del resto, oramai di originalità se ne vedono tante, compreso un sostenitore della dittatura cubana che diventa senatore a vita). Ma è tutta teoria: l’Onu non avallerà mai, perché i russi metteranno il veto. E lo faranno dicendo che sono i ribelli (o, almeno, anche loro) a usare armi chimiche. Che si fa: ammazziamo tutti? Chi governa deve essere prudente, ma non basta. L’Italia conta perché ha una posizione atlantica. Massimo D’Alema fece la cosa migliore della sua vita, ponendo l’Italia al fianco degli statunitensi, nei Balcani. E visto che i tedeschi tacciono, a noi conviene segnare una posizione chiara. Naturalmente continuando a prediligere l’opzione politica, che tornerà comunque necessaria dopo che saranno state inutilmente scaricate le armi.
E dovremmo piantare una grana europea, aiutando e non ostacolando i francesi. Perché è giusto in linea di principio ed è conveniente in quanto agli equilibri interni Ue. La politica estera è il terreno in cui si esaltano sia l’idealismo che il realismo. A noi conviene cogliere l’opportunità di far vedere che l’Italia esiste non solo per i problemi del debito pubblico (in questo modo alleviandoli).
Pubblicato da Libero