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Putin avvia le esercitazioni per l’uso tattico dell’arma nucleare e con questo recapita un messaggio politico a tutti, suoi alleati compresi: il negoziato esiste solo dopo la capitolazione dell’Ucraina, altrimenti non ci sono limiti all’alzare la posta dello scontro. In Unione europea si ripete che la capitolazione dell’Ucraina è da escludersi ma che restano aperte tutte le possibili porte al negoziato. La prima cosa comporta il considerare possibile e forse necessario il confronto bellico diretto. È il solo modo che abbiamo per evitarlo ed evitare che l’alternativa sia il disonorevole e autolesionistico cedimento.

Le condizioni di partenza sono rimaste immutate: Putin ha già perso rispetto all’obiettivo della conquista immediata e non può che perdere rispetto alla pretesa di tornare a essere potenza globale, semmai relega la Russia a vassallo della Cina. Le cose sono invece cambiate per noi europei: fin dall’inizio abbiamo puntato tutto sul negoziato e il presidente francese, allora presidente di turno dell’Ue, provò ad aprirlo fino a umiliarsi. È ridicolo dare a Macron del “guerrafondaio”, ha solo preso atto della realtà: Putin non è disposto a negoziare, la sua sopravvivenza è legata al vincere o al durare della guerra.

Puntando tutto sul negoziato siamo partiti non comprendendo la determinazione di Putin, al punto che si sostenne non si dovesse umiliarlo. Ricordate? Si cedettero le armi all’Ucraina, ma imponendo di non attaccare il territorio russo. Quelli contro l’escalation non soltanto eravamo noi, ma eravamo solo noi. Senza negoziato – reso impossibile dall’indisponibilità russa – la guerra s’allunga, allungandosi gli ucraini si trovano in superiorità morale e inferiorità numerica, per giunta c’è stato un buco temporale e quantitativo nelle forniture belliche. Macron non propone di mandare le truppe in Ucraina, ma prova a far capire che non basta far finta che il problema non esista.

Quel che difetta, nella nostra parte del mondo, è il senso della realtà. Ne è dimostrazione il modo in cui si è diffusa la notizia che i russi agiscono e agiranno al nostro interno, anche con sabotaggi cruenti. Sarà vero? Come se non fosse già avvenuto. La Russia prova a inquinare le democrazie, finanziando ieri le sinistre e oggi le destre antieuropee. Protessero anche il terrorismo. Taluno dovrebbe ricordare le sponde palestinesi di queste attività. Perché per gli aggrediti ucraini non si occupa manco la guardiola di un bidello? Perché per farlo occorrerebbe essere contro l’invasore russo, mentre per Gaza si può essere contro le democrazie occidentali.

C’è un risvolto interno, che faremmo bene a tenere nella giusta considerazione: per battere l’aggressione politica e terroristica dell’Unione Sovietica si usarono anche le forze delle sinistre che rifiutarono il massacro delle democrazie. Fu allora che il Partito comunista iniziò la mutazione europeista, dopo esserne stato avversario. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, fra i fondatori di Fratelli d’Italia, dice che non si può cedere a Putin, il quale non si accontenterà di qualche terra ucraina. Ha ragione. Ma è l’opposto di quel che disse il suo partito, che contestò le sanzioni quando si prese la Crimea. Meloni lo ha onestamente, sebbene non troppo visibilmente, riconosciuto. Oggi che Putin usa le destre è importante avere una destra che gli si oppone ma, consapevole di quel passato, deve sapere allargare la base del consenso necessario: inutile inseguire i predicozzi dei pacifisti domenicali, ma c’è una sinistra cui repellono e con cui costruire.

Dice Crosetto che ci vuole un’Ue più politica. Non condivido la sua analisi e credo sia politica anche quella economica, ma stiamo alla giusta richiesta: bene. Lo sa di essere al governo con chi ne chiede meno e candida i filo Putin? Certo che lo sa, ma fare politica seria e vera significa costruire un consenso più vasto che stabilizzi la collocazione internazionale dell’Italia. Questa è la sfida e su questa si passa da propagandisti a statisti.

Davide Giacalone, La Ragione 7 maggio 2024

www.laragione.eu

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