Le volte scorse elessero i capi, a sinistra, con la grande farsa delle primarie. Il candidato vero era sempre uno solo, prima Prodi poi Veltroni, il risultato scontato, la partecipazione aperta anche ai passanti, l’unico scopo da raggiungere quello dell’alta partecipazione, perseguita con la spontaneità non meno che con la
fantasia e le truppe cammellate. Il risultato avrebbe dovuto garantire una guida forte, duratura, non soggetta alle correnti, non sostituibile se non con altre primarie. Tutti gli obiettivi sono stati mancati.
Questa volta hanno cambiato sistema, tornando all’elezione di delegati cui, successivamente, spetterà la scelta del leader. La forma conta poco, mentre la sostanza consiste nel fatto che i candidati papabili sono due, Bersani e Franceschini. Il resto è contorno. C’è un paradosso: il più innovatore è il primo, che si porta dietro, però, la peggiore tradizione della peggiore sinistra, quella comunista. Bersani è quello che ha idee più vicine alla realtà e meno ritagliate sulla pura propaganda, ma è esponente di un’anomalia esclusivamente italiana, il partito comunista dominante nella sinistra. Basta questo a chiarire quanto la storia non digerita pesa sui destini della sinistra e, quindi, su quelli dell’intero Paese.
Franceschini è l’ultimo (in ordine di tempo) figlio dell’accozzaglia. Un insaccato che ha in Prodi il suo norcino fondatore, ed in Berlusconi la sua unica ragione d’essere. Hanno vinto solo dicendo d’essere antiberlusconiani e miscelando tutto quel che esiste fuori dalla coalizione avversaria. E’ lo scombiccherato bipolarismo nostrano, fatto di aggregati che puntano alla vittoria elettorale senza troppo porsi il problema di come si possa governare. Anche a destra, come si vede, i problemi non mancano. Francescini, del resto, condivise e condivide l’alleanza con Di Pietro, la qual cosa, da sola, rende l’opposizione più sinistra che di sinistra.
Fossi militante in quell’area, pertanto, voterei Bersani. Salvo che c’è un dettaglio insuperabile: in tutto il mondo democratico non è pensabile che guidino il governo forze che non siano antitotalitarie, antifasciste tanto quanto anticomuniste. Si può osservare che il problema è superato, dalla storia. Non è esatto, perché il Pci, dove si trovava Bersani, prese soldi sporchi di sangue almeno fino al 1991, distorcendo la nostra democrazia, e smise di chiamarsi comunista solo perché s’era esaurito il comunismo al potere. Non c’è mai stata, da parte loro, una seria ed inequivoca condanna del comunismo, che comprenda una condanna del loro essere stati comunisti.
Fanno spallucce, dicono che siamo noi ad essere fissati, a vedere i fantasmi. Sbagliano, perché scantonando il problema condannano la sinistra alla subalternità ed all’arlecchinismo. La condannano al passato e le rubano il futuro.