Politica

Bidoni bipartisan

Quel che serve all’Italia, per sottrarsi al mirino della speculazione e per riprendere la via di uno sviluppo meno asfittico, lo sappiamo bene, ma non si riesce ad agguantarlo. A chiacchiere concordano in molti, ma alla prova dei fatti le opposizioni s’oppongono, com’è naturale, e le maggioranze si spaccano. A turno. Dopo i fasti del bipolarismo millantato e del maggioritario tradito, s’è preso a parlare di politiche “bipartisan”. C’è la crisi? C’è la ripresa? C’è bisogno di riforme? La risposta è sempre quella parolina magica, per giunta in idioma non autoctono: bipartisan. Non ci credo. Anzi, è una truffa.

Nella cultura italica l’emergenza si cronicizza e offre la base per quel che più piace al mondo cattolico e alla sinistra: il governo di tutti. Un afflato di fratellanza. Uno sforzo comune. Un tempo si chiamava in modo più schietto: consociativismo, e gli dobbiamo la gran parte di quel debito pubblico che non riusciamo a toglierci dal groppone. Ebbe dei meriti, il consociativismo, perché l’Italia visse in modo dilaniante la guerra fredda ma non cedette né alla guerra civile né all’autoritarismo. Onore al merito. Ma è stato costoso. Ora, di grazia, che ci facciamo con il bipartisan?

Abbiamo bisogno di mercato, privatizzazioni, competizione, di tagliare la spesa pubblica e riqualificarla, esternalizzandone la gran parte della gestione (vale anche per scuole e ospedali), e chi dovrebbe farla, questa roba, un accordo bipartisan fra chi è contrario alla gestione privata dell’acqua e chi è favorevole ma non ha il coraggio manco di dirlo? Guardiamo ad una partita aperta, quella delle pensioni: si discute sull’alzare l’età pensionabile, a partire da un mese in più dal 2012. Ma vi pare serio? E’ più doloroso discutere per due anni di un mese in più, di cui non s’accorge nessun lavoratore, piuttosto che alzare di botto l’età, spiegando che, altrimenti, i giovani non avranno nulla e il sistema va in bancarotta perché non sostenibile. Ecco, se avessimo misure di questo tipo sarebbe ragionevole l’accordo bipartisan. Ma vi ricordo che la volta scorsa il centro destra spostò lo scalone nel futuro lontano, e il centro sinistra lo cancellò del tutto, mettendolo in conto ai precari. Se questi sono gli istinti da far concordare, meglio che si prendano a sediate in testa.

Piacerebbe anche a me un bel governo di concordia e salvezza nazionale, capace di mettere in pratica le cose che le persone ragionevoli, di destra e di sinistra, si dicono da anni nei convegni senza pubblico e senza che i giornalisti sappiano raccontare altro se non le tartine del rinfresco. Ma non è alle viste. Allora, volete sapere cosa è veramente bipartisan, dalle nostre parti? La necessità di obbedire a vincoli esterni. Il Presidente della Repubblica sapeva bene che istituzioni europee sarebbero intervenute per non vedersi messe in difficoltà da un attacco all’Italia, il governo sa bene che il debito pubblico è sostenibile, ma non per questo accettabile (a quei livelli), sicché è partito l’appello alla concordia, subito raccolto perché il collante, appunto, viene dal vincolo esterno. Collante che funziona anche per la guerra in Libia, una delle più eclatanti manifestazioni di subalternità politica dell’Italia. Ma mai che questo si verifichi nel cercare di rendere meno corporativo, anchilosato, arretrato e demenziale il nostro mercato interno del lavoro, della produzione, dell’istruzione e del fisco.

Non ci riescono nemmeno nel far mostra di tagliare i costi della politica, qui e ora, non altrove e in futuro. Bipartisan, invece, è il voto per salvare le province. Non ci riescono perché la gran parte della popolazione parlamentare è culturalmente cresciuta (si fa per dire) nell’avversità al mercato e s’è materialmente mantenuta (bene) fuori dal mercato. La cosa più bipartisan che riescono a concepire, quindi, è il conto da far pagare. Non è cotto (solo) il governo, è stracotto un intero mondo politico.

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