Politica

Bipolarismo e bipartitismo

Siamo in cammino dal bipolarismo al bipartitismo? Difficile, perché non c’è stato il primo e non ci sarà il secondo. E’ illusorio che a creare la politica siano i sistemi elettorali, sarebbe come dire che il viagra è fonte d’amore. Aiuta a tenersi su, ma non lubrifica i sentimenti. Il bipolarismo forzoso delle coalizioni salsiccia nacque da una scelta politica, ma non creò mai due poli, bensì polarizzò differenze destinate a restare tali. Da una parte e dall’altra. Vedemmo subito che rendeva impossibile il governo, a vantaggio di una stabilità illusoria ed inutile. Ora lo vedono tutti. Quel sistema, retto da due diverse leggi elettorali, consente a molti soggetti minuscoli o estremi di recitare una parte in commedia, talora condizionando o bloccando chi prende assai più voti. E’ curioso che oggi si pensi di superare quell’impantanamento impedendo l’alleanza fra i più forti. Anche la politica ha le sue leggi darwiniane e non si passa per decreto dal topo ragno ai bipedi con pollice opponibile. Così sono i vincitori di ieri, tutti e due inquilini di palazzo Chigi grazie a quel sistema, a volerne rompere la prigionia. E’ un bene, è il segno che hanno capito quanto l’immobilismo danneggia loro e l’Italia. Li si accusa di volere passare al bipartitismo, ovvero di volere sopravvivere da soli. Ma è irrealistico, neanche se sostituiscono le elezioni con il sorteggio possono riuscirci. Il tema è del tutto diverso.
I due partiti maggiori sono divenuti affini perché entrambe nati dal modo in cui Berlusconi ha impostato la partita. L’egemonia è sua, e non piacerebbe a Gramsci. Se troveranno forza e coraggio per trasformare l’affinità in collaborazione di governo aiuteranno a rimettere sotto controllo una società non governata ed in via di spappolamento. Se ci riusciranno creeranno le condizioni di una normalità politica che non sarà bipartitica, ma tornerà ad avere due protagonisti forti ed alternativi. Se falliranno non lasceranno crescere una dialettica più vivace e plurale, bensì il vuoto d’idee ed il concorrere d’istinti egoistici e corporativi. Chi ha idee forti e pochi voti cerchi di far valere le prime, senza confondersi con le truppe dello scasso e della rendita, interessate ad arraffare mentre si precipita anziché a costruire una politica degna di rispetto.

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