Politica

Boldrini sbaglia

Le parole del presidente della Camera, Laura Boldrini, non potevano essere più inappropriate. Sbagliate nel contenuto, nel tono, nel contesto e nel riferimento specifico. Parole gravi, che non ha corretto e di cui, pertanto, la terza carica dello Stato si dimostra convinta. Parole che non devono passare sotto silenzio, meritando un giudizio assai severo.

Ha detto: “L’emergenza lavoro (fa sì che) la vittima diventi carnefice, come purtroppo è successo nei giorni scorsi davanti a Palazzo Chigi”. Stabilendo quindi un nesso fra la disoccupazione e l’idea di andare a sparare ai Carabinieri. Il criminale che ha sparato, però, non era vittima altro che della sua propria dissolutezza. Ha detto di non riuscire più a mantenere il figlio, il che lo rendeva disperato. Peccato che la sua famiglia lo accusa d’essersi giocato i soldi al biliardo e al poker, rendendo loro disperati. Il caso specifico, a giudicare dalle cose che si apprendono, basate sulle sue stesse parole, è quello di un pessimo padre. Di un fallito per colpa propria. Di un mancato assassino senza la più lontana possibilità di trovare quale che sia scusante. Di un uomo che, essendo stato arrestato, meriterà il solo giudizio della giustizia. Freddo, razionale, nel rispetto delle procedure e, quindi, anche dei suoi diritti. Al termine del quale, se non vi sarà il manicomio, ci sarà la galera. Meritatissima.

“La disperazione si diffonde e prende troppe volte la forma della violenza”, ha aggiunto il presidente Boldrini. Non so se se ne rende conto, ma le sue parole incitano alla violenza, le forniscono un alibi, le danno una base morale. Laddove, al contrario, non solo è inammissibile, ma la tesi è offensiva per i tanti che si trovano in difficoltà e non per questo ritengono di doversi abbandonare all’inciviltà. Se c’era un modo per offendere lavoratori, disoccupati, e genitori per bene, Laura Boldrini lo ha trovato.

Non è l’unica, purtroppo, a calcare un terreno che fomenta l’odio. E la violenza. Nel corso del dibattito parlamentare sulla fiducia al governo, purtroppo coincidente con quel gesto criminale, i parlamentari di Sel (che nell’emiciclo siedono all’estrema sinistra) hanno usato parole inequivoche per condannare l’accaduto e lo sparatore. Hanno ribadito che nessun legame può essere immaginato fra disagio e violenza. Ho visto, con fastidio e disgusto, che da certe parti della destra, invece, s’è voluto dire che la sinistra stava speculando, o giustificando l’accaduto. Prima delle parole della Boldrini era vero il contrario. Sarebbe stato saggio riconoscerlo e apprezzarlo. Il che riguarda anche il Movimento 5 Stelle, il cui leader aveva subito fatto dichiarazioni improntate alla condanna, eppure da più parti s’è voluto immaginare un ponte fra le sue parole e i colpi esplosi. Collegamento che si ritrova, a contrario, anche nelle parole del paraguru e cantante, Adriano Celentano. Sono molte, e non taciute, le ragioni per cui considero negativamente quel fenomeno politico, ma è dissennato non riconoscere che Giuseppe Grillo, il cui linguaggio detesto, è stato attento non solo a non accostarsi ad alcuna violenza, ma anche a evitarla e non favorirla (da questo punto di vista deve essere apprezzato lo stop alla marcia su Roma, dopo la rielezione di Giorgio Napolitano). Ed è bene anche sottolineare che la sconfessione del presunto “ideologo”, Paolo Becchi, è un ulteriore segnale positivo e incoraggiante.

La battaglia politica può essere dura, ma non deve essere priva di etica. Certe imprudenze, come certe furbizie sciocche e inaccettabili speculazioni, poi si riflettono e ingigantiscono in una realtà in cui il nome del criminale torna nei cortei del primo maggio, o si legge in manifesti che lo prendono a simbolo, o si ritrova nelle scritte murarie che ne criticano solo la mira sbagliata. Può darsi che tutto questo lo si debba all’internazionale dei cretini, ma non c’è alcun motivo di tornare alla stagione dei “compagni che sbagliano”, ora riverniciata da i “disperati che sbagliano”.

Gli equilibri precari della politica, l’assetto istituzionale tutt’altro che solido, hanno portato troppi a tacere, benché disgustati da quelle parole presidenziali. Prendiamo noi l’onere di metterlo in chiaro: certi giustificazionismi sono atti di viltà culturale, certi silenzi frutto di viltà politica. Ci vuol nulla a lisciare la bestia della violenza, poi ci vogliono anni e dolori per abbatterla. Per questo non possiamo essere indulgenti.

Pubblicato da Il Tempo

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