Politica

Bonino e la Cina

La Cina ed i diritti umani, Emma Bonino ed il governo. Ho letto alcune cose non molto centrate, su questo tema. Ho letto, ad esempio, che la Bonino sarebbe più che giustificata, dato che con i cinesi parlò anche Nixon. Non so che effetto le faccia essere paragonata a quel grande presidente (che chiuse la piaga del Viet Nam, aperta dall’assai più celebrato Kennedy), ma non lo vedo pertinente, dato che allora esisteva l’Unione Sovietica ed il dialogo serviva anche a dividere il blocco comunista. Qui la questione è più circoscritta.

Emma Bonino si è a lungo battuta per i diritti umani, e nulla autorizza a pensare che abbia cambiato opinione. Mentre, al contrario, il ruolo governativo che oggi ricopre la obbliga a cambiare linguaggio. Ho scritto e ritengo che Hezbollah abbiano agito quali mercenari al soldo degli iraniani, che sono pericolosissimi, ma se mi fanno fare, domani, il ministro degli esteri non è che me lo rimangio, certo non posso non tenere conto che gli interessi che rappresento non sono solo quelli del mio libero pensiero. Detto ciò, si deve anche mettere nel conto che la Bonino si occupa di commercio estero e che, adesso, è in Cina con una delegazione governativa piuttosto affollata da imprenditori. Sono in Cina, insomma, a far affari. Il che va benissimo, perché un governo lavora anche per gli affari dei propri imprenditori. Capita, però, che il presidente del Consiglio rivendichi l’assoluta continuità con il suo precedente viaggio, di dieci anni fa, e si muova sulla scia del viaggio del Presidente Ciampi. Due viaggi che criticai, ed anche la Bonino non applaudì, per la drammatica assenza di ogni riferimento alle libertà individuali. Il punto, dunque, non è che sia la richiesta al ministro Bonino di trattare solo con governanti illuminati e democratici, ma è disdicevole che la sua presenza nel Consiglio dei ministri non abbia significato alcun cambio nella posizione italiana. (L’essere accolti con Bella Ciao, poi, lo trovo orribilmente grottesco).

Il battersi per i diritti umani è sempre e comunque giusto, sebbene nelle forme e nei modi ogni volta convenienti. Porre ai cinesi il problema delle libertà di mercato, ivi compresa la libertà sindacale, non solo è giusto, ma è assai conveniente. Con quel gigante non è possibile competere se il suo mercato interno continuerà ad essere una somma di dittatura ed esaltazione del profitto. Sarebbe come gareggiare contro atleti tutti drogati, senza che ci si possa permettere di esaminarne le urine. Dal che deriva che un qualche maggiore attivismo, su questo fronte, rientra non solo fra i doveri morali e politici, ma anche in quelli d’ufficio dell’intero governo, e del ministro Bonino.

Infine, vorrei osservare che se è ben vero che i cinesi si comportano, al loro interno, un po’ da “napoletani”, nel senso che puntano al sodo senza codificare i comportamenti, non per questo appare saggio presentarsi con una compagnia degna di un convegno imprenditoriale caprese. Quelli sono dei maghi nel far perdere tempo, ed un governo che voglia favorire gli affari si presenta con cinque, sei, sette imprese, per dire: si può discutere di tutto, ma questi li fate entrare nel vostro mercato interno, dove c’è un numero di ricchi sfondati che è apri all’intera popolazione italiana. Se, invece, ci si presenta in comitiva, allora vuol dire che si punta, più che altro, ad entrare in Cina per produrre con un basso costo dei fattori, vale a dire sfruttando la manodopera. E, alla fine, si rischia di partire parlando di diritti umani, e di arrivare a collaborare nella loro violazione.

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