Politica

Borghese non rappresentato

Chi rappresenterà la borghesia benestante? Così la si definiva con disprezzo, salvo accorgersi che è ai suoi interessi, ai suoi sogni e ai suoi costumi che s’appende la modernità e la democrazia. E’ priva di rappresentanza quella che votava a destra, magari senza credere ma pur sempre apprezzando il programma liberalizzatore e detassatore di marca berlusconiana, come anche quella che votava a sinistra, senza per questo credere nella redistribuzione pianificata, sotto sotto sperando che la destra provvedesse a liberare tutti dall’oppressione fiscale e burocratica. La coltellata alle spalle è stata doppiamente inferta in quest’agosto, non tanto quando un governo, disperato e senza più programma, ha messo le mani nelle nostre tasche, che, tanto, ce lo aspettavamo, ma quando s’è qualificato “ricco” il dipendente con un reddito annuo lordo superiore a 90.000 euro e l’autonomo che raggiunge i 55.000.

Non solo non sono ricchi manco per niente, ma sono fra quanti ancora conservano lealtà verso lo Stato e onestà verso i concittadini, tanto da dichiarare quel che guadagnano. Lo schiaffo non è dato dall’essere chiamati ulteriormente a contribuire, posto che un autonomo appena non affamato già consegna allo Stato ben più della metà del proprio guadagno, ma dall’arroganza con cui si chiede, anzi, si pretende, senza nulla offrire in cambio. Qui avevo ragionato di patrimoniale, su base volontaria e a sconto per il futuro prossimo, con un saldo certamente attivo perché la diminuzione del debito porta ad una minore spesa per interessi. Non piace? Avanti altre proposte. Ma quello approvato dalla sana unanimità degli impotenti, dal governo che si ritrova ad essere coeso nell’essere inutile, non è un ragionamento, non è uno scambio, è una sottrazione cieca, un rimedio che non rimedia, una pezza che non copre. Con l’aggravante di voler descrivere come privilegiati quelli che lavorano e si comportano onestamente.

Dopo di che, cosa può fare il buon borghese, a chi rivolge la sua speranza elettorale? Agli oppositori di questo governo, alla sinistra, no di certo. Peggio che andar di notte. In fondo la cultura detestabile cui il governo di destra s’è allineato è proprio quella di questa sinistra, cattocomunista. Torna a credere alla promessa berlusconiana di più mercato, più libertà e meno tasse? Talora il credere ad una promessa è il senso di una vita, qualche altra, però, non ha semplicemente senso. Si rivolge verso la parola truce e la protesta verace dei leghisti? Oramai sono come i socialdemocratici d’un tempo, baluardo dei pensionati. Difendono anche le province, dimentichi che furono l’articolazione prefettizia del centralismo monarchico. Ma, del resto, il nostro buon borghese, che tiene nel portafogli i soldi per il pranzo al ristorante, con la famiglia, che frequenta l’agenzia di viaggio per portare i congiunti a fare un giro per il mondo, orgoglioso di poterselo permettere, non può che provare un conato di vomito verso chi pasteggia con meno di quel che lui lascia di mancia e viaggia gratis, mettendo tutto sul conto altrui e, adesso, chiamandolo ancora a rinunciare al proprio per mantenere in piedi l’altrui.

Non è un egoista, il nostro borghese, nella sua educazione è compresa la solidarietà. E’ solo un signore non rappresentato, che vede le istituzioni largamente occupate non dai capitalisti o dai proletari, ma dall’altro borghese, il suo fratello mefitico, figlio della stessa Italia: arrampichino, incapace, intrigante, ammanicato. E lo vede fargli, ancora una volta, marameo.

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