Politica

Capolinea

Il centro destra consegna le elezioni nelle mani della magistratura. Sembra uno scherzo, invece è il risultato di un’allucinazione, dell’idea che si possa fare politica senza i partiti, o, che è la stessa cosa, del considerare i partiti quali mero contenitore organizzativo, destinato a promuovere portatori d’acqua e a selezionare i più acritici. Una degenerazione che non riguarda solo il Popolo delle Libertà, che ha coinvolto anche il Partito Democratico, ma che consegna alla maggioranza il non invidiabile record di avere a lungo resistito agli assalti della magistratura penale, per poi rotolare nelle mani di quella amministrativa.

Un errore può capitare, due sono un brutto segno, ma oltre si oscilla fra la farsa e la tragedia. Prima escono dall’ufficio elettorale per manipolare ancora, a pochi minuti dall’esaurirsi del tempo massimo, la lista dei candidati. Poi si dimenticano dei timbri. Quindi si accorgono che mancano delle firme. Fino alla cosa più grave, in Campania, dove il candidato presidente disconosce una lista che lo appoggia, modificata nella notte, a sua insaputa, infilandoci un Tale che sarà anche una gran brava persona, ma la sinistra se n’era liberata e un tribunale lo ha già condannato (in primo grado, quindi vale la presunzione d’innocenza) per fatti di camorra. Tutto questo non è neanche pensabile se non in un’organizzazione che ha espulso la politica e s’è divisa in correnti personali.

Gianfranco Fini dice che non gli piace, il partito che ha cofondato meno di due anni fa. Ma non siamo mica in una commedia di Eduardo De Filippo, e il Pdl, come presepio, lascia assai a desiderare. Solo che noi abbiamo continuato a battere il tasto dei contenuti e delle riforme, mentre lui ha passato due anni a praticare il radicalshock, supponendo che l’Italia avesse l’urgente bisogno di far sposare gli omosessuali, abortire alla svelta le fanciulle e staccare il respiratore ai terminali. Tutti temi che digerimmo in gioventù, con ragionevole dissacrazione, e che altri hanno scoperto in vecchiaia, con il consueto, irragionevole ardore. Il tema, insomma, non è segnalarsi per la successione, facendo l’occhiolino agli avversari. Qui manca il trono.

Il baratro è trasversale, e lo avevamo visto per tempo, quando segnalammo l’emblematico caso pugliese, dove i due grandi partiti unici, dotati di potere mediatico, con capi a chiacchiere indiscussi, capaci di occupare interamente la scena, non erano riusciti, nessuno dei due, a far prevalere il candidato desiderato, dovendosi piegare alle pressioni e alle cordate locali. Era la campana a morto. Ma, oramai, si parla al vento, perché ciascuno è chino a perdersi nel proprio ombelico.

Ne volete una prova? Enrico Letta è una persona seria e, da oppositore, ha fatto rilievi al disegno di legge anti corruzione, varato dal Consiglio dei ministri, non dissimili da quelli che qui avevamo mosso. Poi gli fanno osservare: però, voi, candidate De Luca in Campania. E lui: ha ricevuto anche il viatico di Di Pietro e non era giusto privare gli elettori del diritto di votarlo. Ma che razza di risposta è? Allora vale per tutti, a parte il benestare dei giustizialisti manettari, che per la sinistra è divenuto un valore, mentre a me sembra un disvalore. Tali illogicità sono possibili, e si trovano tali e quali nel centro destra, perché ciascuno pensa solo agli equilibri interni al proprio gruppo, senza più avere neanche tesi serie per argomentare all’esterno.

E che volete argomentare, del resto? Nel Lazio, se la magistratura la salverà, gli elettori di destra potranno votare una sindacalista, mentre quelli di sinistra una paladina dei diritti borghesi. Chi crede in meno tasse e più libertà del mercato dovrebbe votare per chi chiede più soldi ai dipendenti pubblici, e a chi ha votato gli amministratori locali del giubileo, con tanto di bacio alla pantofola papale, toccherà votare un’anticlericale. Tutte e due unite, però, nel dire no all’energia nucleare. Trasformismo e demagogia in una botta sola, superbo. La campagna sarà ricondotta nei binari da Berlusconi, che la imposterà nell’unico modo che funziona: o con me o contro di me. E tanti saluti ai temi regionali, dimostrando che in lista puoi mettere anche gente a paragone della quale il senatore di Caligola è un pericoloso intellettuale.

Non può durare, il sistema è al capolinea. In entrambe gli schieramenti c’è gente vera, militanti che ci credono e si fanno in quattro. Ad entrambe gli schieramenti si dirigono i voti di cittadini mossi da convinzioni. Stiano attenti, perché gli uni più gli altri sono il mastice che tiene insieme il Paese. Non si può umiliarli oltre un certo limite, senza che qualche cosa si sfasci.

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