Due vicende – il gioielliere condannato in primo grado e il ministro Crosetto convocato in Procura – aiutano a capire come si sia ribaltato il senso logico delle cose e dei ruoli. Così parte dell’opinione pubblica e tanta parte dell’informazione (per alimentare lo spettacolo) scambiano i volti cui rivolgersi per ottenete giustizia. Se riuscissimo a ragionarne, dismettendo le trombette della propaganda e delle tifoserie, forse potremmo farla finita con la pluridecennale commedia degli scontri fra politica e giustizia.
Se desidero vivere in una società giusta – sapendo che, in una democrazia, convivono idee e sensibilità diverse circa il giusto e lo sbagliato – non devo rivolgermi a un giudice. I giudici non amministrano il giusto, ma la giustizia. Che è cosa assai diversa. Troppi di loro hanno fatto credere il contrario, così perdendo la sana collocazione del loro ruolo e vestendo i panni dei giustizieri, incompatibili con quelli che abbigliano i magistrati in uno Stato di diritto. Il giudice che incarna il giusto non lo trovi nelle democrazie, ma in Iran. E lo chiamiamo “boia”.
Non è il giudice a stabilire quando sia bene usare un’arma per difendersi. Il principio della legittima difesa è tanto antico da essere espresso anche in latino: vim vi repellere licet, è lecito usare la violenza per far fronte alla violenza altrui. È la legge a stabilire dove porre il confine: fin dove è legittimo che il cittadino usi la violenza e da dove, invece, la sola violenza legittima è soltanto quella usata dallo Stato. Se degli schiamazzanti mi disturbano di notte non posso aprire la finestra e prenderli a fucilate (realmente accaduto). Se mi entrano in casa non sono in grado di stabilire fin dove si spingeranno e non posso sapere se le loro pistole siano giocattolo o meno, sicché è legittimo sparare (ove possieda un’arma regolarizzata), ma anche fracassare loro il cranio. I confini li stabilisce la legge, quindi il legislatore, la politica. Non il giudice.
La legge attualmente in vigore è stata modificata, da ultimo, nel 2019. Allora si disse che «la difesa è sempre legittima», una pericolosa corbelleria che però nella legge non fu scritta. Tanto che un fatto luttuoso del 2021 porta alla condanna del gioielliere. Attenzione: il giudice (in quel caso un collegio) si limita a stabilire se i fatti specifici configurino o meno un reato; non stabilisce se uno abbia diritto di sparare, ma se chi ha sparato lo abbia fatto nel rispetto della legge. Il che, considerato che anche la detenzione dell’arma non era autorizzata, è quanto meno dubbio. Ha ragione o torto il giudice? Non lo stabilisce il bar all’angolo, ma i successivi gradi di giudizio. Due giorni fa hanno assolto in appello un infermiere che era stato condannato all’ergastolo in primo grado. La giurisdizione funziona così. E va rispettata, se si attiene alle regole e agli ambiti (responsabilizzando chi sbaglia).
Se dei magistrati (quasi mai giudici, ma procuratori) pensano d’essere i depositari del giusto deragliano dai loro doveri e si tramutano in politicanti, sicché il legislatore ha tutto il diritto – ma anche il dovere – di porre rimedio e ricondurli nel diritto. Quindi Crosetto ha ben diritto di farsi valere, ma se lo fa in modo oscuro, proprio perché finisce con il configurare un reato, pure grave, va a finire che lo convocano in Procura e gli tocca gettare acqua sul fuoco. Perché ha sbagliato a fare una denuncia generica, mediante intervista, anziché prendere un’iniziativa legislativa specifica.
Quando le associazioni sindacali dei magistrati pensano d’avere il diritto di interferire con il potere legislativo sono fuori dal loro campo ed è giusto contestare le loro assurde pretese. Quando un politico (per giunta autore della legge) se la prende con una sentenza è fuori dal suo campo ed è giusto contestargli l’assurda pretesa di sentenziare anziché (decentemente) legiferare.
La fatica democratica consiste nella continua mobilità di quel che si considera bene e male. Ma giocare a ruoli capovolti è permanentemente un male.
Davide Giacalone, La Ragione 9 dicembre 2023