Politica

Cauzione

editoriale giacalone 27 settembre 2023
L’idea assurda di chiedere una cauzione economica, fissata in 5mila euro, a chi arriva irregolarmente in Italia.

La cosa preoccupante non è (soltanto) che a qualcuno sia potuta passare per la mente l’idea di chiedere una cauzione economica, fissata in 5mila euro, a chi arriva irregolarmente in Italia, ma che sostenga che la cosa si trovi in una direttiva europea – la numero 33 – del 2013. In dieci anni non l’ha capita. Che in dieci anni nessuno l’abbia fatto non ha neanche indotto a un sospetto. E mentre il funzionario o il gruppo di funzionari così tardi di comprendonio si potrebbe sempre – ove il merito fosse un criterio e non uno slogan – indirizzarli verso l’uscita, il personale politico che ha abboccato manca del comune buon senso e ce lo teniamo per spirito di fazione.

Anche a una lettura superficiale il dubbio sarebbe dovuto venire, visto che la direttiva prevede si debba pagare l’assistenza legale degli immigrati richiedenti asilo che non se la possono permettere. Il testo è di una chiarezza disarmante: intanto si possono trattenere le persone soltanto per un tempo limitato, strettamente necessario al disbrigo ed esame delle pratiche (questo è il punto, ci arriviamo); si può trattenere soltanto dopo avere preso in considerazione altri sistemi, come l’obbligo di residenza o di firma presso centri di polizia o – eccoci – il versamento di garanzie finanziarie; il tutto esaminando caso per caso. Ci arriva chiunque a capire che queste previsioni, proprio per il «caso per caso», non si applicano agli sbarchi in massa.

Non bastasse: a. se si tratta effettivamente di profughi chiedere loro dei soldi è riprovevole; b. se avessero avuto 5mila euro in contanti sarebbero stati derubati durante il viaggio; c. se hanno da estinguere un debito con la malavita, talché ne diventeranno manovalanza o carne in vendita, ci manca solo che anche lo Stato voglia la sua parte.

Riassumendo: l’idea è uno strafalcione e la scusa che sia scritta in una direttiva europea una misera menzogna. Ma perché? Perché esporsi a tanto imbarazzo? Perché la destra al governo ha scoperto che gli slogan non servono a nulla e non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Perché sulla distanza fra le promesse e le azioni non specula l’opposizione – imbambolata – ma il governo stesso, facendosi lo sgambetto da solo. E perché si prova a sostituire con la ferocia della faccia la durezza della realtà. Tutto totalmente inutile. Oltre che dannoso.

È proprio la lettura di quella direttiva a suggerire dove si trovi il buco nero che inghiotte la propaganda: il disbrigo delle pratiche, le identificazioni, il distinguere fra aventi diritto e non, i rimpatri dei secondi che non si abbia altra convenienza ad accogliere. Tutto in capo allo «Stato membro». Lì si casca. È quella, allora, la materia da consegnare alla competenza comune dell’Unione europea, rinunciando alla sovranità di una decisione che si è incapaci di gestire. Questo è il nocciolo.

Se ci si rifiuta di riconoscerlo, se si preferisce la lamentazione alla proposizione, se individuare un colpevole diventa più importante che risolvere il problema, allora poi ogni oscenità diventa possibile. Allora si polemizza sul nulla con la Francia o con la Germania. Allora si porta l’Unione a dare soldi al tunisino Saied che sostiene che se un uragano si chiama “Daniel” ciò dimostra la sopraffazione operata dagli ebrei. Uno così andrebbe preso a calci, ma siamo disposti anche a blandirlo purché fermi le partenze. Mentre quello, invece, prende i soldi e intensifica le partenze. Un ricattatore.

Avere una politica africana significa averla comune, piantarla con i dispetti infantili, capire che non basta trasferire soldi perché servono relazioni, insediamenti, coinvolgimento di privati e militari. Quindi esporsi all’accusa di neocolonialismo. Significa ragionare e comportarsi da adulti. Le battagliuzze fra Meloni e Salvini – a tacere il contorno – lasciano il tempo che trovano, ma diventano letali se inducono a non trovare il tempo per fare qualche cosa da lasciare. La settimana prossima c’è il Consiglio europeo sul tema, arrivarci così nuoce all’Italia.

Davide Giacalone, La Ragione 27 settembre 2023

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