L’idea che una parte della sinistra europea, per rimproverare ai popolari e alla von der Leyen i tentativi di assorbimento di pezzi delle destre (fra le quali Fratelli d’Italia), votino a favore di una censura proposta dall’estrema destra è così strampalata, così autolesionista che c’è da contare che quest’oggi, al Parlamento europeo, non accada. Il solo averlo ipotizzato è un danno per le sinistre. Che quelle italiane non abbiamo visto il muro su cui si sarebbero schiantate è indebita generosità nei confronti delle destre, aiutandole a far finta di tenere il piede in due scarpe nel mentre calzano gli stivali del buon rapporto con la Commissione europea.
Che poi la censura faccia riferimento anche alla vicenda dei vaccini, è comprensibile da parte di destre che furono esplicitamente no-vax in nome di una presunta libertà e nella totale ignoranza del fatto che i vaccini obbligatori esistono (evviva) da decenni. Ma aumenta l’irrazionalità di quei pezzi delle sinistre che così spianano la strada all’ennesimo trasformismo delle destre governanti, dal ribellismo anti istituzionale alla prudente tutela istituzionale. Non bastasse questo c’è che le sbandate sinistre su un rettilineo asciutto finiscono con l’oscurare il fatto che forze che compongono il medesimo governo votano, su questioni fondamentali, prendendo sentieri diversi. Complimenti per l’autoaccecamento.
Sarà il caso di ricordare che al Parlamento europeo c’è una maggioranza composita, nata proprio per non lasciare spazio agli antieuropeisti, quasi tutti di provata fede putiniana. Sicché è normale che sui singoli temi vi siano discussioni – anche vivaci – e non sta scritto da nessuna parte che quella maggioranza debba marciare sempre compatta (la Commissione non ha un rapporto fiduciario con il Parlamento, non è come un governo nazionale). Ma che si divida unendo parte della sinistra a quegli antieuropeisti putinofili di cui sopra è solo demenziale.
E sì che di partite rilevanti, su cui si deve avere il coraggio di discussioni aperte, ve ne sono molte. Gli europeisti sono anche atlantisti, ma non per questo possono far finta di non sapere che dagli Usa è stata messa in dubbio la copertura difensiva prevista dalla Carta atlantica. Gli europeisti sono schierati con l’Ucraina e non possono non tenere conto che dalla Casa Bianca si alternano aperture e favori a Putin con la discesa in un turpiloquio che prova a nascondere il ripensamento sul fronte ucraino. Gli europeisti puntano alla difesa europea autonoma – ma non alternativa a quella atlantica – e non possono non vedere i guasti politici, i costi e la disfunzionalità del rassegnarsi alla rinazionalizzazione delle spese.
E se sull’Ucraina l’Unione Europea ha dato buona prova di sé, nel quadrante mediorientale e con specifico riferimento al terrorismo di Hamas e all’intervento militare israeliano a Gaza siamo spettatori, capaci solo di comunicati risentiti e inefficaci.
Mentre dentro l’Ue non si fa che lamentarsi di quel che ancora ci manca (ed è giusto porsi il problema), fuori – da Mosca a Washington – ci si lamenta della forza che già c’è. Ed è proprio contro la nostra potenza economica che ancora Trump fa roteare l’insulsa draghinassa dei dazi. Che faranno male anche agli americani, ma intanto fanno male a noi e cui si deve reagire essendo capaci, uniti, di aprirci nuovi mercati e nuovi accordi di libero scambio.
Tutte cose su cui ciascuna famiglia politica europea ha non soltanto il diritto ma il dovere di avere posizioni anche diverse, ma capaci di ragionare sul futuro. Sapendo che retrocedere da quella maggioranza che ha segnato l’avvio di questa legislatura europea, l’elezione degli uffici parlamentari e la nascita della nuova Commissione sarebbe solo un favore reso a chi detesta l’Ue e la sua forza politica.
La politica vive anche di contrapposizioni e propagande, ma quando queste prendono il sopravvento sulle idee e sulle visioni del futuro non è segno che c’è troppa politica in giro, ma che ce n’è poca e forse non ce n’è proprio.
Davide Giacalone, La Ragione 10 luglio 2025
