Ce la stiamo andando a cercare. Ci sono ministri che straparlano e oppositori che non vedono l’ora si crei una crisi. Da entrambe le parti sembra non capiscano che così certificano la propria irrilevanza, danneggiando l’Italia.
Mettere in dubbio l’autonomia della Banca centrale europea (come di qualsiasi banca centrale di un Paese civilizzato) è peggio che un errore, è una sciocchezza. Con gli argomenti che questo fronte utilizza si finisce con lo stabilire che neanche può esistere una banca centrale italiana, data la diversa natura economica di aree interne. Va fuori gioco, perché chiunque lo osservi ricorderà che l’Italia è la principale beneficiaria dei fondi europei, raccolti anche con debito comune; che la pretesa non si rialzino i tassi d’interesse è in bocca a chi ha la più ampia possibilità di accedere a quelli agevolati; e che si trova in bocca a chi sbraitava contro il Meccanismo europeo di stabilità, ovvero la sede ove, in caso di bisogno, chiedere ulteriori tassi agevolati. Chi governa dovrebbe essere in grado di capire che sostenere queste cose è come avvertire il mondo che si considera insostenibile il proprio debito, mentre il mondo scommette sulla sua sostenibilità (vedi spread). Uno stupidissimo suicidio.
L’opposizione e l’informazione che milita contro il governo dovrebbero aiutare a correggere gli errori, naturalmente anche criticando o accusando, mentre provano ad allargarli (cosa che è capitata con la sfortunatissima intervista del ministro Crosetto a “La Repubblica”) nella speranza che inneschino la bufera che costringa il governo alla resa. Ma se accadesse, a parte il disastro, non solo la spallata dall’esterno certificherebbe l’inutilità delle opposizioni interne, ma offrirebbe poi loro il ruolo di esecutori d’imposizioni, che è il modo sicuro per continuare a perdere.
La Bce può ben essere criticata, ma non inventando panzane. I tassi d’interesse sono andati a zero nel 2016 (di fatto lo erano da quasi due anni) e lo sono stati oltre l’inizio del 2022. In quelle condizioni l’inflazione è rimasta bassissima e, nel 2020, è divenuta negativa, deflazione. Tassi bassi e acquisto di titoli dei debiti pubblici immettevano masse monetarie che, prima o dopo, avrebbero innescato l’inflazione che si cercava. Si è vista nel 2021 e ha galoppato nel 2022. Qui abbiamo raccontato che la Bce la considerava solo importata dall’esterno, avanzando qualche dubbio su tale esclusività. Si può, dunque, criticare la Bce per non avere rialzato i tassi prima, non perché poi lo ha fatto (restando negativi e comunque ben più bassi di quelli statunitensi o inglesi). Servono gli argomenti per fermarsi, non le invocazioni.
Ora l’inflazione rallenta (+0.5 a novembre e +0.3 a dicembre). In Italia meno che altrove, nuocendo al risparmio, di cui siamo grandi produttori. La politica monetaria non va da nessuna parte, da sola, dovendo procedere in sincrono con le politiche fiscali. Tagliare la spesa pubblica improduttiva sarebbe gran saggia cosa. A saperlo fare. Mentre polemizzare a vanvera con la Bce, tacciarla di autoreferenzialità, significa andarsi a cercare guai.
Posto che siamo cresciuti impetuosamente, nel 2021 e nel 2022, e che ci siamo riusciti diminuendo il peso percentuale del debito sul pil, il problema è che quel debito resta mostruoso e la spesa per interessi dissanguante. Ha ragione il professor Giavazzi: non si può chiedere alla Bce di tenerselo in pancia per sempre e di inghiottirne quantità crescenti, ma si può chiedere che il Mes riformato agisca da stabilizzatore dei tassi, a fronte della verificata diminuzione del peso percentuale del debito (come nei due anni passati). Il che comporta non solo ratificare il Mes, ma farlo prima del 2 febbraio, quando si riunirà il direttivo Bce.
Certo: è il contrario di quel che la destra disse. Ma sia loro che la sinistra, per dimostrarsi tozzi e determinati, finiranno con l’essere amorfi e sfracellati. Poco male, se non fosse una sorte collettiva.
Davide Giacalone, La Ragione 6 gennaio 2023