Politica

Cerchiobottando

La meteora di Paolo Mieli, alla Rai, è una piccola storia. Sarà presto archiviata, ed il suo protagonista potrà cerchiobottare in santa pace. Ma è una piccola storia rivelatrice, segno e frutto di un’epoca.

Dapprima capita che il Mieli sia officiato della presidenza Rai. Riceve, com’egli stesso racconta, l’avviso dai due leaders dell’opposizione, poi la nomina dai due presidenti delle Camere. Si riserva. Si riserva? Ma che diavolo significa? Se una persona non è disponibile lo fa, riservatamente, sapere ai presidenti, dicendo loro: non mettetemi nell’imbarazzo di un pubblico rifiuto. Se, al contrario, è interessata, allora accetta. Punto, non è che si riserva una passerella di giorni per far vedere quanto ponderate siano le sue scelte.
Poi, nell’ordine, il Mieli afferma: a. che i membri del consiglio d’amministrazione sono ottimi, bravi e leali; b. che i presidenti delle Camere sono vecchi amici e persone dabbenissimo; c. che i capi dell’opposizione si sono comportati in modo trasparente; d. che il capo del governo è stato squisito e perfetto; e. che non pochi ministri, con i quali ha parlato, hanno dato segno d’essere persone serie, con a cuore le sorti del Paese; f. che, però, non esistono le condizioni per assumere l’incarico. Arrivederci e grazie.
Al che, leggendo questa cronaca in tram, vien da chiedersi: che sia stato io a comportarmi male? Si dice: Mieli voleva Biagi e Santoro. Aggiunge Mieli: Berlusconi mi ha detto che sono cose che devo decidere io, che, del resto, li riprendevo non perché mi piacciano o sia loro amico, ma perché la cosa avrebbe fatto sensazione ed audience. Bene, faccia il presidente e li rimetta in video, tanto, comunque, non si parla di altro. Si dice: Mieli voleva scegliere un direttore generale di suo gradimento. E c’è qualcuno che immagina si potesse mandarlo via, il presidente, all’annuncio di un direttore di suo gradimento? Suvvia, non sarebbe di certo accaduto.
Allora, posto che dalle dichiarazioni di Mieli non è dato comprendere il serio motivo del gran gesto, l’equivoco della sua nomina, di quel che sottendeva, è destinato a restare: la Rai sarà del tutto indipendente dal governo e dal Parlamento solo il giorno in cui sarà venduta; prima di quel giorno non sta né in cielo né in terra che chiecchessia possa comportarsi come se ne fosse il padrone e l’unico referente. Io sono per la privatizzazione, e non mi scandalizzo affatto se sull’altro piatto della bilancia c’è la lottizzazione.

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