Politica

Cesi Phantoni

E’ una storia brutta. Per tante ragioni. Ed è una storia antica. Quella di Cesi Phantoni. E’ una storia di cui neanche si vorrebbe scrivere, ma sarebbe uno sciocco rifiuto, perché è parte della nostra vita pubblica presente. Quindi eccoci a commentare le condanne del processo che, a coronamento dell’orrido e del grottesco, si denomina “Ruby bis”. Tre sono le questioni da sottolineare.

1. La condotta di quelle feste era incompatibile con le funzioni pubbliche di taluni dei presenti, a cominciare da quella del padrone di casa, Silvio Berlusconi. Si sono difesi dicendo che erano solo feste, ma più le descrivevano più emergeva un oceano di tristezza.

2. Le condanne di ieri e quella precedente sono in primo grado, quindi, vale per loro e per tutti, gli imputati restano presunti innocenti. Aggiungo che se si continua a indagare i testimoni e, addirittura, a incriminare gli avvocati per le indagini difensive, il processo di tipo accusatorio può dichiararsi morto. In quello inquisitorio è un giudice a trasmettere carte d’indagine e accusa, con prove già vagliate. In quello accusatorio la prova si forma in aula, nel contraddittorio. Se contraddire è illecito il processo è impossibile.

3. Se ci sono dei reati lo sapremo alla fine, ma il moralismo è stucchevole. Cesira Fantoni (in arte con il “Ph”) era cantata da Francesco Guccini nel secolo scorso. E non era il primo. Lo scambio fra grazia e arte, ammesso che tali siano, sia l’una che l’altra, è vecchia come il mondo. Ed è anche triste. Ma menarne scandalo, come se quelle fanciulle fossero tutte collegiali esterrefatte innanzi all’inimmaginato caprone (glie piacerebbe), è ipocrita. E’ triste, al pari dei racconti che abbiamo subito.

Pubblicato da Il Tempo

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