Politica

Ciampi, Berlusconi e la tv

Le tempeste in un bicchier d’acqua sono solo sciabordii, non c’è ragione d’allarmarsi. Semmai è bene cogliere il lato lieve di certe faccende, inducendo al sorriso anziché al corruccio.

Insomma, da qualche tempo corre un certo nervosismo fra il colle più alto e Palazzo Chigi. C’è di mezzo il giudizio su certe leggi.

Ciampi ha ben ragione a non controfirmare quel che ritiene opportuno, perché questo è un potere che gli assegna la Costituzione (art. 87). Semmai si può osservare che tale potere si esercita sulle leggi già approvate dal Parlamento, mentre non è del tutto regolare che si manifesti nel corso delle discussioni parlamentari. Oggi la chiamano moral suasion,ma, in verità, a parte l’inglese che fa fino, è una variante non costituzionalmente prevista.

Adesso arriva anche la polemica sull’uso della televisione e la trascuratezza verso il Parlamento. Ciampi non ha gradito che Berlusconi abbia parlato del ritiro delle truppe italiane in Iraq, nel corso di una trasmissione televisiva, e gli ha ricordato (secondo me opportunamente) che tali questioni si affrontano prima di tutto in Parlamento. Ha anche aggiunto, a scanso d’equivoci: parlare al Parlamento è anche parlare alla popolazione. Ha ragione, peccato che è esattamente lo stesso errore in cui è caduto il Capo dello Stato.

Quando ha pronunciato quella che i giornali interpretano (ed è) una reprimenda nei confronti del presidente del Consiglio, Ciampi era all’estero, in Inghilterra, e trasmetteva il suo pensiero per il tramite di televisioni e giornali. Ora, a volere essere precisi, la Costituzione gli riconosce il diritto di manifestare il suo pensiero, ma, nello stesso articolo prima citato, per il tramite di “messaggi alle Camere”.

In altre parole, per suggerire a Berlusconi di parlare al Parlamento, Ciampi ha preferito non dirlo al Parlamento, ma allo stesso pubblico cui si era rivolto Belusconi. Il che significa che i due la pensano esattamente allo stesso modo.

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