Politica

Ciampi e la Costituzione

Oramai lo schema funziona così: il Presidente della Repubblica dice una quale che sia cosa in omaggio alla Carta Costituzionale, e la mattina dopo in molti plaudono al suo attacco contro la devolution, ovvero la riforma costituzionale sulla quale punta il centro destra. Un giochino non molto acuto, il cui effetto peggiore è quello di distrarre dal vero problema costituzionale.

Dunque, a Verbania Ciampi ha detto: cambiare la Costituzione si può, ma è bene non stravolgerla. E siamo nel regno dell’ovvio, perché le modifiche alla Costituzione sono previste dalla Costituzione stessa ed il Presidente della Repubblica è, appunto, custode della Carta. Ma le parole di Ciampi non sono così banali, e partono dalla presa d’atto di quel che avviene da anni: la Costituzione italiana viene continuamente modificata. Altro che intangibilità, sia il centro sinistra che il centro destra hanno apportato modifiche, certamente utilizzando strumenti legittimi ma fregandosene, entrambe, della condivisione con l’opposizione. Così procedendo, andando avanti per spizzichi e bocconi, il rischio che si corre è quello di trasformare la Costituzione in un testo sbilenco e disorganico. Questo è il punto.

Si prenda il tema del sistema elettorale e dell’assetto istituzionale. Tutti quelli che hanno studiato e che non sono in malafede sanno che la Costituzione Repubblicana è stata scritta avendo in mente un sistema elettorale di tipo proporzionale, il cui riflesso è un equilibrio istituzionale che vede il Parlamento quale motore dei governi e delle maggioranze. Lasciando intatto lo schema, ed usando lo strumento referendario in un modo che la Corte Costituzionale di un tempo avrebbe ritenuto illegittimo, si è fatto finta di passare ad un sistema elettorale maggioritario. Si è fatto credere agli elettori che fossero chiamati a decidere chi debba governare. Ma era una presa in giro, tant’è che la prima legislatura si concluse con una maggioranza diversa da quella vittoriosa alle elezioni e la seconda vide avvicendarsi più governi e tre presidenti del consiglio. In altre parole: la riforma della legge elettorale era (ed è tutt’ora) incoerente con lo schema costituzionale.

Per rimediare si è pensato d’operare sui meccanismi antiribaltone, che, se passassero così come sono stati concepiti, servirebbero solo a rendere ancora più rigida, quindi fragile, la contraddizione. Adesso si propone un ritorno al proporzionale, quindi ad un sistema più coerente con l’attuale Costituzione, ma, nel frattempo, si decentrano i centri di spesa e si toglie centralità al legislatore nazionale. Ciascuno di questi “pezzi” non è illegittimo o incostituzionale, ma l’insieme è caotico e pericoloso.

Se le forze politiche avessero la forza dell’onestà intellettuale, che oggi si trovino al governo od all’opposizione, e pur preparandosi alla lunga ed estenuante campagna elettorale, dovrebbero fin d’ora chiarire che la prossima legislatura dovrà aprirsi con uno sforzo RiCostituente. Bisogna rimettere mano all’intero dettato costituzionale, e si deve farlo in modo coraggioso e coerente. Altrimenti stravolto lo sarà per forza, e sottoposto a tensioni che ne possono mettere a dura prova la fin qui miracolosa tenuta.

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