Politica

Coerenza

Coerenza

Non ha senso dialogare con una persona che sai già, per esperienza, che domani dirà il contrario di quel che sostiene in quel momento. Difficile anche far affari con chi domani non si atterrà a quel che pattuisce oggi. La politica italiana emoziona le tifoserie e lascia sempre più estranee le persone ragionevoli – accrescendo costantemente l’astensionismo – anche perché ha fatto del trasformismo il costume dell’incoerenza e dell’inaffidabilità.

La sinistra di oggi non è travagliata dai germi del futuro, ma sospinta verso i demoni del passato. E la differenza non la fanno le persone, perché le loro parole sono a rimorchio della causa che le genera. Quel che orienta tanti politici non è il diverso modo di pensarla, ma che si trovino al governo o all’opposizione. Sono convinti che il realismo sia un impiccio dei primi, mentre la demagogia un diritto dei secondi. Ed è così che cambiano i governi ma non si vedono le alternative, dato che si scambiano le parti in commedia.

Nei giorni successivi alla morte di Silvio Berlusconi giornali e televisioni – per alimentare il ricordo e, diciamocelo senza ipocrisie, il triste spettacolo del lutto – hanno preso un’infinità di spezzoni e li hanno proposti al pubblico. Molti erano destinati a confermare le tesi di ciascuno, con i passaggi sulle vicende giudiziarie, nel copione della vittima o del colpevole che riusciva a farla franca nonostante la supposta evidenza (non lo capiranno mai che sostenere l’evidente colpevolezza di chi viene assolto o prosciolto è inciviltà). Moltissime le barzellette che raccontava. E ci sta, perché anche quella era una caratteristica dell’uomo. Ma era “una”, non “la” caratteristica. Epperò ci sarebbero anche le cose serie, che hanno trovato meno ascolti.

Nel 1997, nel mentre il governo di sinistra faticava a trovare le parole e le politiche giuste, Berlusconi andò personalmente a vedere le masse di albanesi che sbarcavano in Italia. Si commosse. C’erano cose, sostenne, che non si possono sentire: «Ributtate a mare questi. Sono cose indegne di noi». Ma andò oltre, raccontando di avere parlato con chi aveva perso i figli in quel tratto di mare: «Persone che speravano di venire qui a trovare un Paese libero e democratico in cui venire a lavorare e potersi affermare». Certo, non bastano quelle emozioni e non basta la commozione per affrontare il problema dell’immigrazione, ma quelle sue parole non hanno nulla a che vedere con i blocchi navali e con l’impedire lo sbarco anche dalle navi dello Stato italiano. Nulla, sono l’opposto.

Il 3 novembre del 2005 era presidente del Consiglio e si recò a un’assemblea della Federazione Italiana Tabaccai. Ai rappresentanti di quelle famiglie imprenditrici, concessionarie dello Stato, disse: «Potremmo lavorare più a lungo anche perché la medicina, l’alimentazione, il ritmo di un sistema di vita che ormai tutti abbiamo imparato a praticare fanno sì che chi ha 70 anni possa lavorare. (…) Non si vede come davvero non possiamo spostare l’età in cui si lascia il lavoro». E portava un esempio significativo: «La Germania, in questi giorni, nel programma del nuovo governo, sta discutendo di spostare a 68 anni l’età per lasciare il lavoro e andarsene in pensione». Parole che non hanno nulla a che vedere, anzi sono l’opposto, con la forsennata avversione alla legge Fornero, peraltro una legge più moderata di quel che lui disse.

Attenzione: l’incoerenza non è di Berlusconi – che sono certo rimase sempre convinto, sia dell’una che dell’altra cosa – ma dei suoi alleati e dei suoi parlamentari che cercarono voti, stando all’opposizione, su posizioni opposte. E la sinistra odierna sta facendo la stessa cosa.

Questo non è un modo furbesco di fare politica: è un modo disonesto di non raccontare agli italiani le cose come stanno. Ed è per questa ragione che poi, quando vincono e vanno al governo, i loro aspetti migliori sono l’incoerenza e il trasformismo, sapendo insensate le castronerie che sostennero. No, non è una bella cosa.

Davide Giacalone, La Ragione 23 giugno 2023

www.laragione.eu

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