Politica

Colle call

Il presidente della Repubblica ha fatto bene a sollevare un conflitto d’attribuzione, innanzi alla Corte costituzionale. Sono certo che la Consulta gli darà ragione. Questo, però, non chiuderà la partita. Sia per la povertà del nostro dibattito politico, sia per le numerose asinerie scritte da presunti costituzionalisti (impegnati a dimostrare che le cattedre sono mal attribuite), sia per gli errori contenuti nella legge che regola le intercettazioni, a loro volta fonte inesauribile di abusi e inquinamenti.

Riprodurre all’infinito lo schema degli scontri personali non ha senso e non porta che all’imbarbarimento. Qui non si tratta di parteggiare pro o contro l’uomo del Colle. Il compito delle forze politiche, qualora vogliano essere tali, è quello di porsi il problema degli equilibri costituzionali, della separazione, quindi anche della tutela, dei poteri, alla luce degli interessi generali. Continuare con il “sostanzialismo”, usando le inchieste giudiziarie come clave ed eclissando i processi, porta ad inquinare gli animi e la memoria. Noi dimostrammo, con dati e date, da queste colonne, quel che adesso emerge, tardivamente, nell’inchiesta sulla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia. Per giungere a quel risultato non c’è alcun bisogno di scardinare la separazione fra i poteri.

Intenti a difendere Napolitano, in una logica tribale, ci sono costituzionalisti che hanno perso il lume della ragione. Il presidente della Repubblica è “irresponsabile” per tutti gli atti compiuti nell’esercizio delle sue prerogative costituzionali, tant’è che ciascuno dei suoi atti deve essere controfirmato dal governo, che ne porta la responsabilità. E’ vero che lo si può mettere in stato d’accusa solo per alto tradimento o attentato alla Costituzione, ma questo non c’entra un bel niente con quel che accade. Già Costantino Mortati, insigne giurista e, per di più, Costituente, si pose il problema degli eventuali reati penali commessi dal presidente. Per esempio: se ammazza un commesso lo si può accusare di omicidio o si deve passare per il voto Parlamentare? E’ ovvio che si può accusarlo, ed è ovvio che non è coperto da immunità. E per i reati connessi ai suoi poteri? Rispondeva Mortati: “L’irresponsabilità del presidente vale anche nel campo penale, ma limitatamente agli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (…). Per i reati diversi da questi, eventualmente commessi durante la carica, e sempre strettamente inerenti all’uso dei poteri che essa comporta, potrà essere chiamato a risponderne (…) dopo la cessazione di essa, trattandosi non già di un caso di ‘non imputabilità’, bensì solo di ‘improcedibilità’ dell’azione penale”.

La legge 219, del 1989, successiva allo scritto di Mortati, disciplina l’eventualità dell’impeachment. Sicché, come giustamente osserva Michele Ainis, il presidente non è affatto inviolabile. Va da sé che senza l’attivazione di quella procedura, senza chiedere al Parlamento e senza rivolgersi alla Corte costituzionale, è escluso che possa essere intercettato. Ma qui le cose si complicano, più per la prassi che per il diritto. La procura di Palermo, in questo caso, ma decine di procure in altri, sostiene: non abbiamo intercettato il presidente, ma quanti potevamo farlo, a loro volta intrattenutisi con lui, o, in altri casi, con soggetti coperti da immunità (ministri e parlamentari). Se si accetta questa impostazione, fin qui accettata, osannata e massicciamente pubblicata per ogni dove, è evidente che nulla può rimproverarsi ai palermitani. Il punto è che quel presupposto è inaccettabile. Da questo punto di vista la reazione quirinalizia non è esagerata, semmai tardiva.

Quel che alla procura di Palermo, però, non si può né chiedere né rimproverare è di non avere distrutto subito le intercettazioni. Per questo se la prendano con la legge, perché se la procura avesse il potere di distruggere, autonomamente, quel che considera irrilevante sarebbe violato alla radice il diritto di difesa, giacché l’accusatore stabilirebbe lui quel che serve e quel che si cancella. Mostruoso. La distruzione può avvenire dopo apposita udienza, preparando la quale il materiale è a disposizione delle parti. Il che vuol dire che sta su tutti i giornali. Fa schifo? Condivido, ma sono anni che lo scriviamo.

Soluzione: le intercettazioni non devono mai essere depositate, mai divulgate, mai (o quasi) sono prove, ma solo strumenti d’indagine. Ed ecco che si entra nel mondo della civiltà. Che ci si arrivi dopo che i timori hanno raggiunto il Colle, dopo che una procura non s’è fermata rimettendo gli atti a chi di dovere, come anche in altri casi si sarebbe dovuto fare, non è bello, ma è sempre meglio che continuare con quest’andazzo.

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