Politica

Colpo di grazia

Sebbene da sponde e con umori opposti la lettura della nota quirinalizia, circa la sorte di Silvio Berlusconi, è stata omogenea. Sintetizzando brutalmente: il condannato accetti la sentenza e s’avvii a scontare la pena, che non comprende il carcere, e se chiederà la grazia sarà valutata con occhiuta benevolenza. Tale lettura dipende da una distorsione: s’è presa l’abitudine di leggere le cose politiche come fossero questioni personali. Inforcando occhiali diversi, invece, in quella nota di grazia ci trovo solo il colpo.

Il fatto che le sentenze s’eseguano è fuor di dubbio. Come lo è anche che il condannato Berlusconi non andrà in carcere. Il governo ha appena varato un decreto destinato a far uscire dal carcere i condannati, per alleggerire il sovraffollamento, sicché è escluso ci metta piede chi ha da scontare un anno. Fosse pure diciannovenne, ed è più attempato. Il paradosso è che in carcere resteranno tutti i non condannati che già ci sono, ma questa è vergogna di cui nessuno vuol occuparsi. Ricordate queste premesse, nelle parole del Colle si trovano due elementi: 1. la ribadita necessità che il governo in carica ci resti; 2. la subordinazione della grazia alla richiesta.

La prima cosa è consueta, ma di scarso fondamento costituzionale. Secondo la Carta del 1948 il presidente della Repubblica ha un ruolo fondamentale nella formazione del governo, ma non nel mantenerlo in vita. La seconda è così poco fondata dall’avere richiesto contorsioni logiche anche alla nota presidenziale. La grazia può ben essere data senza richiesta, mentre la legge disciplina il modo in cui può (non “deve”) essere presentata. Qui interessa la lettura politica: la prima cosa stabilisce i limiti della buona condotta necessaria, consistente nell’anteporre la stabilità a ogni altra considerazione sulle scelte (o non scelte) del governo; la seconda trasforma un gesto di potenziale prudenza istituzionale in mera clemenza personale. Aderire sarebbe la fine politica non solo di una singola persona, ma di tutto uno schieramento.

Non sono fra quanti ritengono che la grazia sia una soluzione opportuna. Il centro destra e il suo leader hanno colpe gravi, ma in quel modo vanno al proprio annientamento. I loro elettori sarebbero ostaggi. Non è un modo saggio per chiudere una stagione, oltre tutto seppellendo la riforma della giustizia. Troppa grazia, direi.

Pubblicato da Il Tempo

Condividi questo articolo