Politica

Con Cacciari, ma …

Sono convinto dell’onestà di Massimo Cacciari. Non perché sia colto e filosofo, non perché m’immergo nelle cose che scrive (e talora mi perdo in quelle che dice), ma perché credo sia onesto. Immagino che l’accostamento a faccende di malaffare gli provochi dolore e ripulsa, sicché gli manifesto la mia solidarietà. Fin qui, però, siamo alla doverosa buona creanza, che mai dovrebbe essere scalfita dall’eventuale diversità di opinioni. Il problema che, vi e gli, sottopongo è questo: egli rivendica come un merito l’avere segnalato alle imprese del Mose, e ad altre, alcune aziende veneziane bisognose di lavoro, come anche avere chiesto la sponsorizzazione di una squadra di calcio, escluso che un solo centesimo sia finito nelle sue tasche, qual è la differenza rispetto al politico che chiede assunzioni per bisognosi, supponendoli anche valorosi, o spinge per far lavorare imprese del collegio, o sollecita donazioni per la realizzazione di un campo di calcio parrocchiale? Nessuna, direi.

Dice Cacciari: non erano favori per me, io non ci guadagnavo nulla. Su questo ci andrei piano, dato che essere capaci di portare benefici alla zona che si rappresenta o amministra, far avere lavori a chi chiede entrature, far arrivare quattrini per eventi apprezzati dalla popolazione, sono tutte attività che accrescono l’influenza, la rilevanza, in una parola: il potere, di chi ne è capace. E questo è un guadagno, anche ove non materializzato in pecunia intascata. La seconda domanda, quindi, è: tutto questo è da considerarsi deviante o criminale? Direi di no. In tutte le democrazie il parlamentare locale o il sindaco sono rappresentati e portatori d’interessi immediati e materiali. Altrimenti eleggeremmo predicatori e missionari (che il cielo ci protegga!). Già, ma messa così arriva la terza domanda: qual è la differenza fra l’attività appena descritta e il tanto detestato clientelismo? Scusate, ma non la vedo. A meno che non si voglia sostenere che l’unica differenza sia fra l’avere o non avere tratto profitto personale, quindi nell’avere o non avere commesso un reato, che è certamente una differenza, ma se è l’unica allora poi non ci si lamenti se la selezione della classe politica e amministrativa è in parte delegata alle procure.

Arriviamo al nocciolo: la rappresentanza e la difesa di interessi particolari, immediati, imprenditoriali e anche personali è non solo legittima, ma doverosa, solo che non deve degenerare nell’intermediazione di cose, vantaggi e denari pubblici. Altrimenti siamo alla simonia laicizzata. Assai diffusa, purtroppo. Per evitare la degenerazione occorre la trasparenza: se faccio il mio dovere, se difendo interessi di cui vado fiero, cerco di farlo sapere ed evito che le cose si scoprano con indagini penali. In quel caso è più vicina al vero l’immagine di: presi cor sorcio in bocca. Occorre anche che la rappresentanza degli interessi sia diretta prevalentemente alla scelta delle regole del gioco, non all’assegnazione del monte premi. La concretezza democratica ben comprende il lobbismo (anche dei deboli sindacalizzati), mentre la correttezza amministrativa mal sopporta lo spintarellismo.

A me piace considerarmi un difensore degli interessi di quanti vogliono vedere scendere la spesa pubblica, dimagrire lo Stato e, conseguentemente, snellirsi l’opprimente obesità fiscale. Capisco la scuola opposta, che vede nella spesa e nella tassazione gli strumenti della redistribuzione, propizianti l’equità e l’eguaglianza. Mi sta bene che ciascuno incarni anche spinte materiali e interessi vivi. Mi sta assai meno bene che i clientelari vincano sempre perché si mettono a distribuire ai propri protetti quel che viene munto anche ai miei (inesistenti, ma ugualmente spremuti) sostenitori. Questa interessante discussione è sempre soffocata dall’urlo rauco di chi invoca manette & calci. Il più delle volte per rubare al posto degli espulsi. Finalmente c’è un caso in cui, al di là di ogni ragionevole dubbio, tale urlo sarebbe privo di fondamento, oltre che volgare. Ottima occasione per meglio ragionare su che razza di politici ci piacciono, giacché la celeberrima società civile la vedo spesso a inveire, ma chi la compone è altrettanto spesso a chiedere e riverire.

Mi sarebbe piaciuto che Cacciari non avesse nessuno cui rivolgersi, per ottenere quei benefici, trovandosi costretto a fare una battaglia politica per defiscalizzare l’area di Venezia, attirare investimenti con tale convenienza, quindi promuovere l’impiego dei profitti nello sport. Oppure, all’opposto, tassare tutti per sostenere squadre perdenti e aziende morenti. De gustibus. Una piega politica al posto di una piaga politicante.

Pubblicato da Libero

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