Politica

Concordonando

evasione fiscale concordato

Se non si concorda con il concordato è perché si finirà con il consentire di concordare scordando la condizione reale della fiscalità italiana. Negli ultimi anni una parte dell’evasione fiscale – che resta di 85 miliardi l’anno – è stata riassorbita non grazie a condoni o controlli ma avendo imposto la fatturazione elettronica e diffondendo il pagamento con le carte e mediante i Pos (point of sale, le macchinette su cui si poggiano le carte). La prima cosa è avvenuta per legge, la seconda s’è diffusa perché preferita dai consumatori e dai rivenditori che non abbiano scelto l’evasione come vocazione. Vedremo i risultati del concordato preventivo introdotto in queste ore, ma temo non solo che accompagni più che contrastare l’evasione fiscale, ma anche che metta in circolazione velenosi equivoci.

La possibilità di concordare è offerta a una platea di circa 4,5 milioni di partite Iva, di autonomi. La prima cosa da evitare è l’ennesimo scontro fra gruppi sociali. L’evasione fiscale sui redditi è impossibile per i lavoratori dipendenti, visto che il prelievo avviene alla fonte, ma l’impossibilità è relativa solo al reddito derivante da quella occupazione dipendente. Esempi: un insegnante non può evadere sullo stipendio che prende a scuola, ma può farlo per le ripetizioni private che fa in nero; un dipendente del servizio giardinaggio non può evadere sul salario che riceve, ma può farlo per quanto ricava curando balconi e giardini per i fatti suoi. E così via.

Inoltre, se anche non si evadono le imposte sul reddito, questo non esclude dal circolo degli evasori, visto che tale è l’ipotesi di pagare una prestazione (dal dentista all’idraulico e al ristorante) senza fattura o scontrino fiscale. Quindi non c’è un confine strutturale fra evasori e non. Posto ciò, è evidente che la maggiore evasione fiscale sul reddito vada cercata in capo a chi non ha un lavoro dipendente, fra gli autonomi. Come chi scrive.

La possibilità del concordato preventivo offre un vantaggio a chi ha sempre pagato tutto? Per quanto il fisco sia complicato e l’errore sempre in agguato, penso di avere pagato tutto (ho anche subìto un accertamento fiscale: tre mesi con contabilità sequestrata, costi a mio carico per raccogliere documentazione bancaria che loro avrebbero potuto avere gratis, indovinelli su cifre che fortunatamente avevo appuntato e… tutto in ordine), che ci guadagno a concordare? Nulla, mi impegno a pagare così come ho pagato. Ed è qui che c’è il tarallo.

Nella sua originaria proposta il governo aveva previsto che al concordato preventivo potessero accedere soltanto i contribuenti con un Isa (Indicatore sintetico di affidabilità, volgarmente detto ‘pagella fiscale’) superiore a 8. Gente onesta, sebbene non immune da errore. Solo che, a quel punto, la platea interessata diventava meno della metà. Il nostro è un club aperto a tutti, ma frequentato da pochi. Qui arrivano le Commissioni parlamentari, che suggeriscono al governo di correggere il decreto legislativo e togliere quella truce discriminazione relativa alla buona condotta fiscale. Così la platea si allarga, ma presuppone che si possa concordare anche dopo avere evaso. Ma se non c’è convenienza a farlo per chi non ha evaso, non è che alla fine ci sarà convenienza per gli evasori? Questo è il fondato sospetto, la cui alternativa è un flop annunciato.

Qui si apre un ulteriore problema, politico e istituzionale, non fiscale: finiamola con l’ipocrisia. Prima con il Mes, ora con il concordato preventivo: il governo ha la maggioranza in Parlamento; non è che si ‘inchina’ alla sua sovranità, è che la usa per fare quello che non potrebbe intestarsi direttamente. Tanto più che il parere delle Commissioni non è vincolante (si agiva su legge delega) e che a esprimere quel parere non sono state le opposizioni ma i medesimi che sostengono il governo. Altro che premierato e testo costituzionale scombiccherato, qui siamo alle Aule ratificanti raffiche di decreti e usate poi come alibi per approvare o bocciare senza assumersene la responsabilità. E non è per niente una bella cosa.

Davide Giacalone, La Ragione 28 gennaio 2024

www.laragione.eu

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