Politica

Congresso dei repubblicani

I repubblicani hanno vissuto la stagione del massacro della politica senza mostrare più lucidità, più capacità d’analisi, più forza di reazione di altri.

Sono, poi, approdati nelle liste della sinistra, contestando la plastica falsità (le “bandiere comperate alla Standa”) di Forza Italia e la sostanziale illegittimità politica del suo leader. L’allora presidente del PRI, il compianto amico Dodi Negri, fu uno dei più stretti collaboratori di Lamberto Dini, nel governo del ribaltone: una delle pagine meno gloriose della storia italiana. In occasione delle ultime elezioni politiche, precedute dal congresso di Bari, i repubblicani hanno trovato il loro posto nelle liste della Casa delle Libertà. Cercare la coerenza di questo percorso non è facile, ma, forse, è anche inutile.

Il PRI, come tutti gli altri partiti laici, riformisti, socialisti, si è ritrovato senza il terreno sul quale era abituato a muoversi: un sistema elettorale proporzionale che premiava le diversità ed una democrazia cristiana perno attorno al quale giravano le alternative di governo (che ci furono, eccome). Le ragioni, le modalità, le condizioni interne ed esterne che portarono allo smottamento di quel terreno, aspettano ancora di essere indagate, chiarite, analizzate e descritte. Nulla di quel che è stato fin qui raccontato (dai quotidiani, dalla televisione, fino agli annali Einaudi) ha la benché minima parentela con la raffigurazione compiuta della realtà. Questo è un compito che ci attende, ma non saremmo in grado di ragionare di politica se non prendessimo atto che, comunque, quel terreno non c’è più.

I repubblicani, che oggi iniziano il loro congresso nazionale, devono, dunque, concentrarsi su due problemi: 1. all’interno dell’area laica vivono donne e uomini che hanno la libertà, e per certi aspetti l’indisciplina, nel proprio corredo genetico, pertanto non è un’area che possa essere ridotta ad innaturali intruppamenti, però, allo stesso tempo, sono venute meno le condizioni e le ragioni dell’esistenza separata di diverse famiglie partitiche; 2. strettamente connesso al primo problema è quello di ordine programmatico: in politica non si vive di rendita e di tradizioni, occorrono analisi e linguaggi nuovi, capaci di tradurre in politica di oggi la tradizione di ieri e gli ideali di sempre, senza una profonda rielaborazione delle analisi e delle proposte (sull’Europa, sulla giustizia, sul welfare, sul diritto ed i diritti del cittadino, sul rapporto fra Stato ed autonomie) si è destinati ad un ruolo non solo subalterno, ma, in definitiva, marginale.

Il falso sistema elettorale maggioritario porta molti a concentrare l’attenzione sugli schieramenti, sull’essere di qua o di la, come se esistessero un qua ed un la. E’ un errore, la bipolarizzazione non è un prodotto di questo sistema elettorale, bensì il derivato del macello della politica e dell’affermarsi di un leader forte (pertanto attraente e respingente) nel centro destra. Concentrarsi su questo significa concentrarsi su un problema minore, perdere di vista il fatto che ci troviamo di fronte a due estraneità. Detto ciò, rispetto ai problemi ed alle urgenze del Paese, rispetto all’autentica emergenza istituzionale che ancora non si esaurisce, la scelta di collocarsi nel centro destra mi pare saggia e, per quel che conta, la condivido. Ma non riesco a considerarla una scelta strategica, esaustiva di un ruolo politico. Al governo attuale, del resto, non rimprovero quel che fa, ma quello che non fa.

Una maggioranza che ha ricevuto un così significativo consenso degli elettori ha il dovere di mettere mano alle riforme che contano. Ha il dovere. Hanno qualche cosa da dire, a questo proposito, le forze politiche figlie del risorgimento, che hanno dato modernità e diritti civili all’Italia? Se hanno qualche cosa da dire questo dire non possono che essere proposte concrete, programmi spendibili, linguaggi comprensibili. Quel che serve è una grande e profonda riflessione programmatica, e questo è il lavoro da farsi.

Accendere lumini al tabernacolo della tradizione non è inutile, è laicamente patetico. Al contrario di altri i repubblicani hanno un passato, ed al contrario di altri ancora hanno un passato di cui non devono vergognarsi, di cui andare orgogliosi. Ma il futuro è cosa che appartiene alla cultura, alla forza morale, all’impegno civile dei contemporanei.

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