Politica

Coppie di fatto

A sentir le statistiche le coppie di fatto sono in continuo aumento, divenendo anche oggetto di uno scontro politico. Sostengono alcuni che meritano un riconoscimento e delle tutele, che le rendano simili ad un matrimonio. Chissà in quanti si accorgono d’essere di fronte ad un cortocircuito logico.

Se la coppia di fatto fosse una scelta ideologica, nata dal rifiuto dell’istituto matrimoniale, non si vede, francamente, di quali tutele dovrebbe aver bisogno. Se una coppia decide di andare a vivere assieme, rifiutando ogni forma di legame, deve essere rispettata in questa scelta. Le cose, sia dal punto di vista legale che patrimoniale, si complicano all’arrivo di un figlio. Ma, anche in questo caso, nulla e nessuno può costringere la coppia ad una matrimonio che non vuole, mentre l’unico soggetto da tutelare (dal punto di vista ereditario, dell’affidamento in caso di separazione, e così via) è il figlio, non la coppia.
Ma credo che le cose stiano in modo diverso, la gran parte delle coppie di fatto non sono il frutto del rifiuto del matrimonio, ma la constatazione della sua inutilità immediata. Le coppie di fatto non sono un fenomeno a sé stante, ma il sintomo di un disagio profondo. Mi spiego.
Il matrimonio ha perso ogni aspetto di sacralità, e non è più la porta che dischiude l’accesso socialmente accettato al sesso. Se anche ai raduni di Comunione e Liberazione restano i preservativi sul terreno, occorrere prendere atto che più di un muro è crollato. Evviva, questa è cosa buona e giusta. Ma se non è più questo, il matrimonio, cos’è? E’ comunemente inteso come il primo passo per mettere su una famiglia, tant’è che, se non è questa l’intenzione, non ci si sposa, ma si va a convivere. Di più: molte coppie di fatto diventano matrimoni proprio quando, per caso o per volontà, scatta la procreazione e l’insorgenza familiare.
La vera domanda, quindi, non verte sul perché molte coppie decidono di non sposarsi, ma sul perché decidono di non avere figli, o di rimandare ad un domani un simile evento. E la risposta non ha nulla a che vedere né con la fede, né con le idee, ma con l’opinione che ci si è fatta del futuro: un territorio ove non esistono sicurezze, non esiste previsione di reddito, ove la nebbia supera i punti fissi e nel quale, quindi, è meglio addentrarsi con equipaggiamento leggero e senza dover rispondere di altri.
Per me che sono laico, che non ho mai creduto nella sacralità del matrimonio, veder proliferare le coppie di fatto, sentire che vi sono schieramenti trasversali che vogliono tutelare questa scelta, dovrebbe essere momento di gaudio. Ed invece no, non c’è proprio niente da festeggiare. Stiamo parlando del sintomo di una popolazione che ha paura del futuro, che non crede di poter prendere impegni a lunga scadenza. Stiamo parlando di una dimostrazione del declino, del ripiegarsi su se stessi, della decadenza.
Che il parroco abbia qualche cliente in meno, ed il farmacista qualcuno in più, non è sufficiente a trasformare in cosa buona un cattivo segnale.

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