Politica

Craxi e la sinistra

Povera sinistra italiana, attardata a fare i conti con un passato che non riesce a digerire. Adesso ci si mette anche chi apre l’ennesimo dibattito sulla “riabilitazione” di Bettino Craxi, attraverso la quale occorrerebbe passare per riscattare e riutilizzare il termine “socialista”.

Mi sforzo di capire le buone intenzioni, ma avverto che la via intrapresa è del tutto sbagliata: chi fu comunista continua a non digerire quel che avvenne negli anni ottanta.

Il socialismo italiano, ideologico e non pragmatico, era morto prima dell’arrivo di Bettino Craxi alla segreteria del psi. Già non aveva più niente da dire e da proporre, mentre toccava ad una figura nobile e retta, Francesco De Martino, il compito di legarlo nuovamente alle sorti del partito comunista italiano. Craxi prese in mano questa baracca e ne fece una cosa del tutto diversa. Per prima cosa buttò a mare le analisi classiste e deliranti della società italiana, mettendosi nella condizione di comprenderne i mutamenti; forte di quest’affrancamento mandò a quel paese un partito non meno vecchio, ma assai più forte, quello comunista, e per questa scelta politica non fu mai perdonato né dalla corrente ideologica né da quella affaristica che attorno alle rosse bandiere si muoveva; anziché sentirsi condannato alla collaborazione con la democrazia cristiana, chiarì che era quest’ultima ad esser condannata a sopportare la presenza di un rinato orgoglio socialista; si collocò decisamente sul fronte della solidarietà atlantica (e chi non comprende la scelta sugli euromissili non comprende un accidente della nostra storia recente), ma rivendicò autonomia nella politica mediterranea. In altre parole, Craxi non ammodernò il socialismo, ne fece una cosa diversa. A scanso d’equivoci, cambiò anche l’iconografia.

Dire, oggi, che non si può recuperare l’attualità della tradizione socialista se non accettando anche l’eredità di Craxi è un totale non senso. La sinistra, i conti, li deve fare solo e soltanto con Craxi, il resto è ciarpame. Mentre cercare di dividere il Craxi buono da quello cattivo; l’uomo della sinistra da quello di potere; l’esule dal fuggiasco, è infantilmente patetico.

Craxi fu un uomo politico dal quale molto si poteva dissentire, ed al quale molti, fondamentali, meriti vanno riconosciuti. Subì, alla fine, una persecuzione infame che degradò non lui, ma quanti non seppero trovare in se stessi la dignità ed il coraggio di una parola di verità. Pensare che Craxi sia l’ostacolo che i post comunisti devono superare (o deglutire) per tornare in possesso della tradizione socialista, però, è una tale corbelleria che sento il dovere di difendere il nome di un leader che non merita di essere trascinato in un dibattito così privo di intelligenza politica.

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