Politica

Craxi e Sigonella

Sigonella, 1985. Allora detestai Bettino Craxi, oggi sento il gelo del cinismo nelle parole di Romano Prodi. So che per molti quelle sono pagine da chiudere e dimenticare, mentre invece devono ancora essere scritte, e riguardano il nostro presente.

A Sigonella il capo del governo italiano, Craxi, resse il confronto con il presidente statunitense, Ronald Regan, e contro la sua volontà fece decollare un aereo che portava in salvo i terroristi palestinesi responsabili del sequestro di una nave italiana e della vigliacca uccisione di un cittadino americano, ebreo ed in carrozzina, Lion Klinghofer. Gli statunitensi volevano quegli uomini per processarli e fargliela pagare, Craxi volle invece onorare l’impegno preso per salvare la vita di altri passeggeri, essendo del resto nota la sua amicizia con Arafat. Se proprio volete intitolargli una strada, dice Prodi, fatelo a Sigonella. Mezza presa in giro e mezza strizzata d’occhio alla sinistra antiamericana. Ed è qui l’imbroglio.

Craxi, leader della sinistra democratica, Spadolini, allora primo presidente del consiglio non democristiano ed Helmut Schmidt, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca (l’altro pezzo era ancora in mano ai comunisti), cambiarono la storia d’Europa e del mondo dimostrando che vi era una sinistra capace di volere lo schieramento degli statunitensi euromissili, risposta nucleare agli SS20 che i sovietici avevano puntato contro di noi. Quello fu l’inizio della fine del comunismo. Quasi tutti i compagni governativi che oggi siedono accanto a Prodi erano, allora, dall’altra parte, occupavano le piazze per protestare e descrivevano quei tre statisti quali servi degli americani. Furono sconfitti, non bastando i soldi sovietici, sporchi di sangue, per farli prevalere su chi si batteva per la pace e la sicurezza. La notte di Sigonella non cancellò questo, e molto altro, e solo chi è stato lungamente dalla parte del torto marcio può pensare di falsificare la realtà.

A Craxi non intitolerei strade, né erigerei monumenti, perché quel passato non è passato. Lo sforzo tenace di dare vita ad una sinistra democratica e di governo si scontrò contro gli stessi che oggi pretendono giudicarlo. La sua fine da condannato ancora reclama verità storica. Le lapidi sono talora vili, meglio il coraggio della memoria.

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