Politica

Da Hollande all’Ue

Chi pensa la Francia sia andata a sinistra ha perso l’orientamento. Chi pensa sia ora aperta la via per il ritorno alla spesa pubblica allegra ha perso anche tutto il resto. La costante elettorale europea, in questa stagione, è una sola: chi governa perde le elezioni. E le perde non solo a causa della crisi, ma perché dimostra di non sapere come uscirne. Vale per ogni dove, Germania compresa (la signora Merkel perde le elezioni amministrative una appresso all’altra, mentre i suoi alleati, liberali, sono evaporati). Gli elettori europei hanno voglia di punire chi li governa, e se potessero votare sull’Europa e sull’euro farebbero sentire la loro rabbia. I francesi, poi, non hanno affatto smesso di votare: al primo turno presidenziale la maggioranza era di destra; al secondo hanno mandato a casa Sarkozy; a giugno voteranno per il Parlamento, facendoci entrare trionfalmente la pattuglia della Le Pen. Alla faccia della svolta a sinistra. Il risultato finale potrebbe essere la coabitazione, fra un presidente socialista e una maggioranza parlamentare diversa. Verso la stessa sorte viaggiano i tedeschi. In Gran Bretagna già c’è un governo di coalizione (cosa rarissima, da quelle parti). Quella è la formula prevalente, resta da stabilirsi la cosa più interessante: per fare cosa?

La vittoria di François Hollande è un bene, ma solo perché è la sconfitta del predecessore e del suo avere incarnato l’arroganza cieca dell’Europa parametrale, asservendosi al governo tedesco. Il programma di Hollande è un’illusione, consistente nel credere che si possa viaggiare a ritroso nel tempo, riconquistando il passato. E’ l’eterno equivoco che ottenebra la sinistra, non appena s’abbandona ai propri incubi: credere che la ricchezza si possa prenderla ad altri, anziché produrla. Resto dell’opinione qui argomentata: facendo vincere Hollande i francesi hanno fatto un piacere a noi e all’Europa, meno a sé stessi.

Il problema vero, adesso, non è stabilire come reagiscono i mercati, perché lì siamo, oramai, nel campo della superstizione. La relazione fra le cose che accadono realmente e i drizzoni di borse e valute è in gran parte immaginifica, sicché fanno ridere tanti titoli di giornali. Fin qui l’unica cosa che ha somministrato bromuro agli speculatori è stata la decisione della Bce di dare liquidità alle banche, affinché la riversassero nei debiti pubblici. Il sintomatico ha funzionato, ma scemano gli effetti. Occorre dedicarsi alla sostanza.

Così vedo le cose: a. per far funzionare l’Europa parametrale c’è solo la ricetta tedesca, difatti ci siamo dotati di un governo presieduto da chi si definisce “il più tedesco degli economisti italiani” e ci siamo dedicati ai “compiti a casa”, tale ricetta ha un difettuccio, dato che porta gli elettori europei a desiderare la fine dell’Unione e dell’euro, né si può sostenere abbiano torto, perché gli effetti recessivi di tale ricetta sono evidenti; b. pensare di mollarla per adottare eurobond e altri strumenti destinati a stare nel solco delle scelte Bce significa non avere capito un accidente di come la crisi è nata e ci ha sventrati; c. la vera strada alternativa consiste nel rimediare all’errore originario, vale a dire aver fatto nascere l’euro prima dell’Europa, il che vuol dire maggiore integrazione istituzionale, maggiore omogeneità politica (elettori europei che votano per l’Europa), maggiore devoluzione dagli stati nazionali alle istituzioni federali. La classe dirigente europea dimostrerà d’esistere quando si cimenterà con questo problema, altrimenti ci sarà un portentoso rinculo.

Francesi, tedeschi, spagnoli, greci, italiani e tutti noi europei votiamo in dialetto. Usando il vernacolo vediamo crescere contradaioli assatanati, che schiumano rabbia in lotte di quartiere. Intanto il mondo viaggia su rotte globali, assistendo esterrefatto e divertito (fregandosi le mani) a quei quattro pirla viziati d’europei che sono fra i più ricchi e potenti al mondo, ma non contano nulla, si fanno la guerra fra di loro (in Libia la si è fatta con le armi, mica a chiacchiere, e anche per questo è una gioia vedere Sarkozy imboccare l’uscita), nel mentre i loro cittadini non sanno più chi far vincere pur di far perdere chi governa.

Qui non tira vento di sinistra, né di destra. Qui si deve cambiare aria e riprendere a pensare con la mente rivolta al futuro, senza la paura di mollare la gran parte di quel welfare state che nei miti collettivi sarebbe lo stato capace di favorire il benessere, ma nei conti effettivi è lo stato che brucia ricchezza producendo tassazione & lottizzazione.

Condividi questo articolo