Politica

D’Alema al Quirinale

Non si tratta di stabilire se Massimo D’Alema sia il migliore degli italiani, anche perché non lo è, ed il suo passato-presente è colmo di scelte, culturali, politiche e morali detestabili. Si tratta di capire se è conveniente averlo al Quirinale, e lo sarebbe. Tutta questa manfrina del metodo non mi convince, perché si deve avere il coraggio di guardare alla sostanza.

Il punto è: le elezioni le ha vinte il centro sinistra, che non ha una maggioranza degna di questo nome ed è capitanato da un Prodi che ha meno voti di tutti, ma conta più di tutti. In queste condizioni la legislatura è già morta prima di nascere, ed il guaio è che ci toccherà convivere con il cadavere. I ds sono potenzialmente allo sbando, hanno portato Prodi alla vittoria ed ora pagano la vendetta per quando lo detronizzarono. Averli furibondi in circolazione non significa passare al più presto alle sepolture, giacché rischierebbero la fine delle spose indiane che ardono sul rogo con il consorte (inteso come marito) morto. Portare D’Alema al Quirinale, invece, significa sovvertire il falso risultato delle elezioni, ripristinando i veri rapporti di forza interni alla sinistra. Prodi sarebbe lo sconfitto. Attenti a quel che segue.

L’Italia ha bisogno di riforme profonde, che cambino anche la struttura costituzionale. Essendo un Paese ipocrita è più facile cambiare la realtà che non la carta. Se al Quirinale ci arriva un Napolitano non cambia nulla, né la carta né la realtà, se ci va un D’Alema siamo già sulla strada della Repubblica presidenziale. Con la più acrobatica delle formule: il potere di determinare la vita della legislatura e quello di indirizzare il cammino delle riforme, finisce nelle mani dell’uomo forte della minoranza. Perché i comunisti-pds-ds minoranza erano, minoranza sono e minoranza resteranno. Una condizione pericolosissima, quindi, la cui alternativa, però, è la melassa prodiana, con i sindacati ed i parastatali al potere, il peggio dell’Italia anni ottanta. Ecco, questa è la partita che si sta giocando, ed il centro destra può scegliere se partecipare alla luce del sole o nel segreto dell’urna, ma non può decidere di cambiarla, perché non ne ha il potere.

Vuol dire, questo, che mi piace D’Alema? Sentite, quando leggo le parole di Guido Rossi, quando apprendo che sulla scalata a Telecom Italia D’Alema “sa riconoscere i propri errori”, mi si gira lo stomaco. Fa schifo l’idea che chi ha sbagliato si penta a cena con Rossi (c’era anche Greco?), senza spiegare pubblicamente il come, il chi ed il quantum. Su questo e su altro noi non abbiamo errori da riconoscere, mentre D’Alema ne ha un tir colmo. Ma in politica contano le forze reali e la direzione in cui spingono, conta il relativamente migliore, il che non c’impedirebbe di continuare a denunciarne gli orrori.

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