Credo alle cose che Massimo D’Alema ha raccontato a Libero. Se non fossero vere, se ha colpevolmente nascosto qualche cosa, egli sarebbe un bugiardo. Ma non penso, non è il tipo. Piuttosto tace e scantona, come ha sempre fatto rispetto alle cose che abbiamo raccontato sulla più gigantesca operazione
d’arricchimento privato favorita dal presidente del Consiglio, che era lui: il passaggio di proprietà di Telecom Italia.
Forse, però, gli sfugge la reale sostanza del problema che si è posto, ovvero quello di un intraprendente affarista che cercava agganci per agguantare occasioni di guadagno, senza far distinzioni di schieramento e senza troppo sottilizzare sugli strumenti utilizzati. Lo scandalo non è solo nell’ipotesi che vi sia dell’illecito, nel far certe pressioni e nel riceverne benefici, il marcio è, prima di tutto, nella politica considerata, indistintamente, come un mondo da blandire, coccolare, se necessario corrompere, per accedere ad affari altrimenti preclusi. L’intraprendente di turno si rivolgeva agli uni ed agli altri, a chi sta sopra ed a chi sta sotto, a destra ed a sinistra, e questo rende la scena particolarmente disgustosa.
Dopo di che, è ovvio che si possono incontrare delle persone senza conoscerle e senza neanche memorizzarle. Regatando in giro per i mari è difficile frequentare la classe operaia, e se si sale sulla barca di un amico, capita anche d’incontrare i suoi conoscenti. Certo, se sulla barca ci sono “diversi ospiti” è segno che la bagnarola somiglia ad una nave e che, a maggior ragione, se si frequenta gente con tali possibilità, c’è da sospettare che i passeggeri non siano proprio tutti dei disinteressati amanti delle onde. Ma D’Alema non ha voluto badarci, sicché può darsi che in altri porti, su altri natanti, abbia incontrato di peggio. Speriamo di no.
Da qui in poi, però, D’Alema commette significativi errori politici. Il primo è quello di difendersi dicendo che, all’epoca dell’incontro e quando gli pagò una cena elettorale, Giampiero Tarantini non era indagato. E che significa? Un cittadino indagato non è mica un appestato, e non è neanche in odore di colpevolezza. Rilegga le statistiche e ripassi il diritto, perché quel che ha detto non è solo moralmente riprovevole, ma civilmente inaccettabile. Inoltre: ci sono un sacco di delinquenti non indagati. Intende frequentarli tutti? D’Alema sa benissimo che i partiti politici, quando esistevano, servivano anche a conoscere e distinguere, talché l’amico o il compagno che faceva da intermediario era anche garante. Se il Partito Democratico è anch’esso un’accozzaglia d’interessi affaristici ed elettorali, bé, è questo il problema, non altro.
E noi ci dovremmo bere che Alberto Tedesco poteva fare, indifferentemente, l’assessore, il senatore od il parlamentare europeo, con eguale vocazione? Suvvia, l’ipocrisia non è arte da uomini forti. Andava premiato, per il lavoro svolto. Ora ci vadano piano nel prendere le distanze, che porta anche sfortuna. E dovremmo bere che il suo valore europeo è dimostrato dal fatto che è diventato presidente della commissione agricoltura? Ma quelli son posti spartiti fra i gruppi. Semmai è D’Alema a dovere chiarire il perché i compagnucci italiani hanno chiesto tanto per il loro uomo, che gli altri neanche conoscevano.
Dice D’Alema che loro, i democratici della sinistra, non insultano i giudici. Magari si rammaricano per qualche ingiustizia, ma non protestano. Si vede che hanno studiato bene la parte dei democristiani. Quando erano comunisti (e D’Alema si vanta d’essere ancora il più comunista) protestavano, eccome. Poi si sono avvicinati al potere e democristianizzati. Peccato, perché se oltre alle proprie terga tenessero a difendere anche la giustizia italiana, un qualche moto di rabbia salirebbe loro al petto nel vedere che muore suicida in carcere un tunisino che ci stava da tre anni, senza una condanna definitiva, quindi presunto innocente. Per citare solo un caso, ma ne posso fornire a migliaia. E che centra? Dirà il nostro. C’entra, perché la giustizia di cui lui parla è solo quella che si muove per e dalla politica, una deviazione infetta che la sinistra sa maneggiare assai meglio dei suoi avversari, ma ciò non toglie che esiste quella che riguarda tutti gli italiani, la peggiore del mondo civile. E non dovrebbe essere un vanto il non muovere un dito.
Infine, dice di non avere querelato Libero, preferendo farsi intervistare. Non ho ben capito se è un avvertimento, in modo che non si torni sul tema e si consideri la sua la parola finale, o, piuttosto, la sfiducia nella magistratura, nella sua incapacità di dar ragione a chi ha subito un torto. La terza possibilità, infatti, è che abbia evitato perché non gli conveniva, tenuti anche presenti i vuoti di memoria. Ed è la più convincente.