Politica

De Luca & Di Pietro

Vincenzo De Luca è uno tosto, ma il convergere di Antonio Di Pietro sulla sua candidatura sarà un tasto dolente, per la sinistra. Quando Antonio Bassolino, per lunghi anni, è stato il vicerè incontrastato di Napoli e della Campania, quella di De Luca era l’unica vera opposizione. Quando lo scandalo della spazzatura avvelenava l’aria e arricchiva i camorristi, la denuncia più chiara veniva da De Luca. Parlamentare e sindaco di Salerno, ha saputo utilizzare un linguaggio schietto, circa i temi dell’ordine pubblico, al punto da far sentire l’accento leghista in salsa campana. Prima eletto dalla sinistra, ha saputo sfidarne il partito maggiore, candidandosi e vincendo da indipendente. Uno tosto, insomma.

Al tempo stesso, però, De Luca non è solo un indagato, ma anche un imputato. Per noi, che crediamo nel diritto, è solo uno dei tantissimi cittadini di cui la giustizia deve ancora dirci se si tratta di un giusto o di un delinquente, ma secondo il partito delle manette è uno di quelli che non dovrebbero mai potersi candidare. Invece Di Pietro lo appoggia. Di più: De Luca è andato al congresso dei manettari, nel mentre si dividevano nelle due correnti dei ceppi e degli schiavettoni, ed è stato non solo applaudito, ma osannato nel mentre ripeteva che i reati da lui commessi, se realmente sono tali, li ricommetterebbe mille volte e ne è orgoglioso. Bravo, bene, bis. Nel tripudio sarà opportuno non perdere di vista la sostanza: la sinistra s’è consegnata ai suoi avversari.

Il moralismo senza etica ha compiuto il suo prodigio: basta un avviso di garanzia per escludere un innocente dalla vita politica, quando non direttamente da quella civile, ma uno sotto processo per diversi e gravi reati può ben trionfare, purché alleato dei forcaioli. L’estremismo giustizialista approda alla sua ultima spiaggia: ai nemici s’applica l’incostituzionale presunzione di colpevolezza, agli amici si fornisce il salvacondotto. Con il Partito Democratico di Pierluigi Bersani che rimane irrimediabilmente prigioniero delle minoranze, che perde le primarie in Puglia e la faccia in Campania. In quest’ultima regione le urne saranno spietate: se vincerà Stefano Caldoro, candidato del centro destra, sarà la condanna di un sistema di potere, il crollo di un bastione sinistro, e se vincerà De Luca avrà prevalso chi a quel sistema si è opposto, con il contributo determinante di quanti vogliono impedire al Pd di fare politica. Per non parlare del Lazio, dove l’unica candidata di sinistra è capofila della destra.

Bersani e i suoi riflettano, su queste parole di De Luca: “Legalità e sicurezza sono fondamentali per la vita degli esseri umani”. Che è vero, ma è anche il manifesto di un pluriprocessato, osannato dal partito di quelli che vorrebbero processare tutti, tranne se stessi. Riflettano, e si rendano conto che se non si mette mano, in fretta e seriamente, alla riforma della giustizia, se non si fanno funzionare i tribunali, finiremo con il morire asfissiati dai miasmi dell’inquisizione senza diritto. Bersani si svegli, comprenda che in politica non conta solo il cinismo delle alleanze, e che il primo problema è liberare la sinistra dai suoi carcerieri.

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