Politica

DeludeRai

Sulla Rai è cascato più di un asino, sicché non stupiscono i ragli odierni. Nell’impostare le nomine, e nel farle, sono stati commessi errori che rivelano l’insostenibile natura della televisione di Stato, nonché la superba ipocrisia di chi va cianciando di presunte sottrazioni all’influenza della politica. L’insieme dimostra la confusione d’idee, circa il diritto e la democrazia.

La prima mossa è spettata al governo, il cui presidente, Mario Monti, ha voluto intestarsela personalmente, nominando il nuovo presidente, nella persona di Anna Maria Tarantola. Contestualmente Monti ha voluto indicare anche il futuro direttore generale, Luigi Gubitosi. Al contrario di altri, anche su queste pagine, non ho obiezioni di carattere personale, o professionale: Tarantola è persona di grande competenza e Gubitosi ha una solidissima esperienza nel campo delle telecomunicazioni, terreno sul quale si gioca il futuro delle emittenti televisive. Il punto è, e qui casca l’asino, che indicandoli assieme Monti ha già tolto alla Tarantola parte della sua funzione, visto che la scelta del direttore generale spetta al consiglio d’amministrazione, d’intesa con gli azionisti (la legge, la Gasparri, è scritta come se le azioni Rai fossero vendibili, il che è falso, in realtà, quindi, d’intesa con il ministero del tesoro). Una tale limitazione somiglia a un commissariamento preventivo, il che va anche bene, se non fosse che il governo ha omesso di rendere pubblico un dettaglio: qual è la missione assegnata ai nuovi vertici?

Se è quella di rendere la Rai più bella e più forte che pria, allora il potere deve essere assegnato ad un redivivo Biagio Agnes, gran conoscitore di cose televisive e interprete di una maggioranza politica consociativa (demitiano, corrente veltroniana). In tal senso condivido le critiche qui mosse da Gianluigi Paragone. Ma non condividerei la missione. Se, invece, si tratta non di vendere la Rai (non si può, la legge Gasparri, con il suo limite all’1% delle azioni acquistabili, è un ostacolo insormontabile), ma di vendere rami d’azienda, vale a dire pezzi di Rai (cosa che la legge rende possibile), allora va detto. Quei vertici sarebbero coerenti con la missione, ma non lo è tacerla.

Quattro politicanti mollacchiosi hanno reagito alle nomine montiane facendosi venire l’idea del secolo: nomini anche i consiglieri d’amministrazione, così ci frusta le terga e noi godiamo per il trattamento. Senza indagare i gusti dei due Pier (Casini e Bersani), c’è, anche qui, un particolare che sfugge loro: le nomine sono parlamentari. Capisco che loro, sia per formazione culturale che per lunga pratica, tendono a considerare sinonimi le nomine parlamentari e la lottizzazione, ma lo spettacolo di due leaders politici che invocano la sottrazione di competenze del Parlamento, per consegnarle a un capo (in latino: dux), oscilla fra il ridicolo e il drammatico. Eppure a questo siamo arrivati: i politici, conoscendosi, ritengono che la politica sia una cosa sporca. Noi, conoscendo la politica, riteniamo che siano degli incapaci.

Né migliore è lo spettacolo messo in scena dal centro destra, oramai specializzatosi nel farsi attribuire ogni nefandezza: hanno chinato il capo davanti a tutto, hanno accettato l’idea che si possa combattere la crisi con le tasse, hanno mugugnato senza costrutto (straordinaria la prestazione sulla legge anticorruzione, ove tutti sanno che sono contrari e nessuno il perché, in modo che sembrino difensori dei corrotti), sulla Rai, però, puntano i piedi, si ergono a difensori della gestione attuale. Ma che ci trovano, da difendere? Riusciranno a far sì che tutto resti il più possibile simile a com’è, assegnandosene la responsabilità.

Anche a me piacerebbe che nessuna commissione parlamentare, e nessun governo, nominasse mai dei consiglieri d’amministrazione nelle aziende televisive, ma non perché il Parlamento ha orrore di sé stesso, bensì perché non ci sono televisioni di Stato, o la loro natura societaria, quindi la loro missione, è totalmente diversa da quella della Rai, a tutti gli effetti un residuato storico del monopolio, quindi colonna portante di quel che resta del duopolio. Il che riporta al punto iniziale, assegnando il lavoro ai legislatori, ove abbiano idea di quel che dicono e non stiano solo grillizzandosi per meglio favorire l’ideatore del prodotto: la Rai va venduta, liberando mercato, liberando informazione, valorizzando le professionalità vere e portando quattrini nella casse dello Stato. Se è questo che i nuovi vertici devono fare, che siano i benvenuti. Se, invece, sono incaricati di mettere ordine, di far le cose benino, di migliorare i conti, allora faranno la fine dei non pochi predecessori di valore: falliranno, penalizzeranno quel che c’è di buono e non diminuiranno di un cicinin il costume spartitorio e clientelare dell’azienda.

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