Politica

Demolizione in corso

Per avere il quadro clinico del governo non servono esami sofisticati, analisi raffinate per capire cosa circola nel suo sangue, basta guardargli sotto la palpebra e fargli tirare fuori la lingua. Nell’occhio c’è ancora il segno di un’impressionante ditata, talché si è giunti prima a mettere la questione di fiducia sul disegno di legge relativo alle intercettazioni telefoniche e, poi, a prendere in considerazione l’ipotesi di rinviare la discussione a settembre. Ma, scusate, se la fiducia era necessaria per sveltire l’iter, com’è possibile che ci si prenda una pausa d’un paio di mesi? L’alternativa, del resto, sarebbe quella di accettare ancora emendamenti alla Camera, dopo quasi due anni di discussione, quindi tornare al Senato, nel qual caso sarebbe stata votata la fiducia su un testo diverso da quello destinato a divenire legge. Sulla lingua, invece, ci sono le macchie delle cose non dette, sicché si è arrivati a presentare la manovra economica sotto forma di decreto legge e, poi, non solo ad ammettere, ma a reclamare la necessità di cambiarla. Al Senato gli emendamenti presentati sono già migliaia, in gran parte dalla maggioranza. Siccome si tratta di sintomi non ragionevoli, è evidente la presenza di una situazione patologica.
Se si prova a sentire il polso, infine, si viene presi da un ritmo travolgente, ma niente affatto compatibile con un sano assetto cardiaco. Come si spiega, altrimenti, che lamentandosi di non riuscire a legiferare in via ordinaria il governo ritenga di risolvere problemi immediati e particolari mediante le riforme costituzionali? E come si spiega che mettendo mano ad una riscrittura che vorrebbe aggredire la base culturale della Costituzione (come sarebbe sano e giusto), ci si limiti poi ad un paio d’articoli? Un lavoro di quel genere, accipicchia, richiederebbe una sede costituente.
La sindrome che ha colpito il governo la vedemmo per tempo e la descrivemmo: dopo le elezioni regionali, che Silvio Berlusconi ha personalmente vinto, c’è un lungo periodo privo di appuntamenti elettorali, ma questo, lungi dal rendere più forte il governo, rende più debole chi lo guida. La forza di Berlusconi consiste nell’essere un ottimo collante elettorale, sia per il centro destra che per il centro sinistra. Grazie alla sua attrazione gravitazionale le tante palle che girano in Parlamento evitano di schizzare via, espulse da quell’aula, ma riescono ancora, quale che sia la loro collocazione, a far finta d’avere un ruolo. Quando non ci sono elezioni in vista, però, il sistema degli interessi (legittimi e meno) ha ripetutamente ritenuto di potere fare a meno del creatore e reggitore della seconda Repubblica, quindi comincia la tarantella dentro la maggioranza, ove in più d’uno si sentono importanti e si cercano uno spazio, nel dimostrare di saper rinunciare al motore che li tiene in orbita.
E’ la terza volta che succede. La prima s’era al debutto e gli equilibri assai precari, inoltre la vittoria del centro destra del tutto inaspettata, quindi esplose tutto in fretta e, non lo si dimentichi, per mano della Lega. La seconda volta la maggioranza era solida, ma questo le servì solo per rendere lunghissima la propria agonia. La terza la stiamo vivendo. Intendiamoci, eguale malattia colpì i governi della sinistra, incenerendoli tutti. Non credo sia un’utile consolazione.
Oggi, però, l’esercizio si ripete nel mezzo di una ruvida crisi finanziaria, che mette a rischio il debito degli stati sovrani i quali, per non farsi aggredire dalla speculazione, procedono a tagli di bilancio, operando in modo da rendere più lenta e difficoltosa l’uscita dalla crisi. Una situazione molto delicata, un mare in tempesta che non prevede l’esistenza di baie riparate. Ciò comporta una meno governabile redistribuzione della ricchezza, sia all’interno di ciascun stato che nell’insieme del mercato globale, con fasce e produzioni che ne trarranno vantaggio, ma anche con altre fasce popolari che s’impoveriscono e s’impoveriranno. In questo quadro o la politica è in grado di rilanciare, raccontando la storia di un diverso sviluppo, di un maggiore premio al merito e alla qualità, oppure finisce con l’essere preda dei marosi, come un sughero. Intendo dire che stiamo ripetendo l’esercizio autodistruttivo del governo nel momento in cui il disagio sociale può trasformarsi in protesta, quindi in rabbia. Ci vuole immaginazione, per non vederne il risvolto pericoloso.
Eppure, noi passiamo le nostre giornate a scrutare il sopracciglio di Umberto Bossi, per capire se il suo accenno alla Presidenza della Repubblica è solo un modo per accrescere il ruolo della Lega o il frutto di un messaggio ricevuto, al punto che un tema non governativo, le intercettazioni, può divenire un caso di rottura. Ci esercitiamo a capire se le iniziative avviate da Gianfranco Fini hanno una finalità tutta interna alla coalizione, oppure sono il terminale di movimenti esterni. Fantastichiamo sulle parole di Berlusconi, per divinarne la tenuta e misurarne il grado di disaffezione al ruolo che oggi ricopre. Tutta roba che alimenta la pubblicistica quotidiana, ma che non si mangia e non si spende. E neanche si ricorda.
Intanto, martedì, gli operai di Pomigliano saranno da soli, a decidere se uno stabilimento può darsi regole diverse dagli altri per cercare di restare dentro ad un mercato. Dopo Pomigliano verranno altri casi, e quando tutta questa roba sarà sul piatto non ci sarà modo di distrarre gli astanti continuando all’infinito il gioco di chi ha pagato la casa a chi altro. Gioco che, in definitiva, ha come unica conseguenza la perdita di credibilità di tutti.
Alla fine dell’anno scorso, vedendo questo scenario, sostenevo che sarebbe stato più saggio far saltare il banco e portare gli italiani al voto politico. Non sarebbe stata la soluzione di nulla, lo so bene, ma, almeno, si poteva tentare di non farsi prendere in questa trappola. Ora ci siamo dentro. Tocca a Palazzo Chigi riprendere prepotentemente e visibilmente la guida della baracca, altrimenti avrà il sopravvento il miope egoismo dei condomini, quelli che segano i pilastri portanti e sfondano i muri maestri per ampliare il salotto, incuranti del danno potenziale.

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