Averlo perso sarebbe il meno. Purtroppo il tempo è stato devastato e devastante, a causa di un’irragionevole inversione, voluta da Pierluigi Bersani: bloccare la costituzione del governo in modo da far passare prima il convoglio presidenziale. Anche chi scopre oggi, come Matteo Renzi, che si sta perdendo tempo è a sua volta colpevole di averne perso troppo per arrivare alla conclusione su cui noi insistiamo da settimane: con la pretesa di mantenere unito il Partito democratico lo si sta spappolando e si sta arrecando un grave danno alle istituzioni. Nonché alla politica, quella seria.
I bersaniani gotorizzati hanno sempre sostenuto che, dai e ridai, qualche pezzo si sarebbe staccato dallo scurrile mondo pentastelluto. E se con quella roba non era possibile farci un governo, che sarebbe durato meno di un minuto, si poteva, però, prendersi la presidenza della Repubblica. Quindi da lì ripartire per tenere in scacco le odiate truppe berlusconiane. Tale ragionamento ha figliato settimane di nullocrazia, impiegate a strologare sulla fondatezza o meno della scissione ortottera. Tutto sbagliato: Casaleggio & Grillo hanno messo nel conto che il loro variopinto gregge possa disperdere qualche capo, né se ne curano più di tanto, visto che non uno solo di quei parlamentari porterebbe via con sé alcun elettore, il fatto è che la somma fra i voti della sinistra e i fuoriusciti grillini è del tutto a capocchia, visto che, in quel caso, esploderebbe il Pd. Renzi ha parlato, e gliene va reso merito, ma a mormorare, promettere, assicurare che Bersani non potrà mai permettersi di compiere un simile disegno sono in tanti, taluni altolocati (o che si ritengono tali). Questa è la realtà: qualsiasi cosa si regga con i voti frinenti è destinata a non nascere, perché comporta la rottura interna al Pd. Obiezione: ma con Boldrini e Grasso ha funzionato. Accolta, ma per dimostrare il contrario: in quel modo il Pd neanche riesce a spaccarsi, cancellandosi con le proprie mani.
Per inseguire questa folle inversione dei tempi, salvo poi sfociare nell’ovvio, ovvero nella opportuna convergenza dei voti Pd e Pdl (noi lo scriviamo dal 25 febbraio!), s’è messo Giorgio Napolitano in una condizione insostenibile. Volendo far da garante non ha potuto concedere a Bersani l’avventurosa nomina, ma neanche è passato oltre, nominando un altro, cadendo così nella pappa insipida dei saggi (che manco sono tali). Il che crea un problema e un pericoloso precedente: il governo in carica per gli affari correnti non ha mai preso la fiducia in questa legislatura, s’è dimesso nella scorsa, sicché sono sospese tutte le garanzie costituzionali, devastando proprio quei poteri parlamentari che stavano tanto a cuore a quanti ripetevano essere la nostra la migliore Costituzione del mondo. Che il cielo abbia clemenza di tali stolti. Tale dottrina ha dato luogo a un governo non parlamentare e non parlamentarizzabile, con l’assurda ipotesi, per giunta, che possa attraversare tutta intera questa monca legislatura, gestendo eventuali nuove elezioni. Un orrore.
La bersaniana inversione dei tempi ha devastato l’ordito costituzionale. Al Quirinale farebbero bene a rendersene conto, chiamare i saggi e farli concludere (tanto non hanno nulla da fare) in fretta, quindi far giurare un esecutivo nuovo. Semmai anche il medesimo, ove l’Italia non abbia di meglio. Ipotesi nefanda, ma pur sempre migliore del marinare nella palta. Lasciare le cose in questo stato di dissennata sospensione non equivale a perdere tempo, ma a demolire quel che resta dello Stato.
Pubblicato da Libero