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La questione del dibattito televisivo fra “detta Giorgia” e “detta Elly” è la cosa meno interessante del mondo, ma rivelatrice. Naturalmente nessuno può impedire che due esponenti della politica, che capeggiano i rispettivi partiti, si incontrino per un pubblico dibattito. Solo che, dopo averne parlato per mesi, la cosa si voleva accadesse durante la campagna elettorale e non come segretarie di partito, ma come guide della destra l’una e della sinistra l’altra. Ma non esistono né l’una né l’altra.

Le elezioni europee si svolgono con il sistema proporzionale e in un tale schema non esistono le guide dei due schieramenti, ma non esistono neanche i due schieramenti. Alle scorse politiche Meloni non guidava la destra, avendo colà stabilito che la guida sarebbe spettata a chi avrebbe preso più voti. Schlein non era, allora, neanche segretaria.

Sono trenta anni che si fa finta di essere in una Repubblica di taglio presidenziale e con un sistema maggioritario, laddove, nella realtà, si è in una Repubblica parlamentare e con un sistema proporzionale (sebbene con premio di maggioranza, per giunta bocciato dalla Corte costituzionale). La finzione è andata così avanti che è invalso l’ignorante costume di chiamare “premier” chi premier non è, ma prova a realizzare un premierato in cui il premier si chiama “presidente del Consiglio”.

Il dibattito è nulla, ma il caos che lo impedisce è la descrizione di un mondo politico che maschera le idee sbagliate con le sigle sbagliate.

Davide Giacalone, La Ragione 17 maggio 2024

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