Politica

Differenziale

editoriale giacalone 24 gennaio 2024
L’Italia non si dividerà a causa del regionalismo differenziato, perché è già divisa. Quanti, a sinistra, strillazzano contro il disegno Calderoli dimenticano di aggiungere: è colpa nostra.
L’Italia non si dividerà a causa del regionalismo differenziato, perché è già divisa. Spezzettata. Cambierà poco se su 23 materie ciascuna Regione potrà chiedere maggiore autonomia, per due motivi: a. perché tutte chiederanno tutto e quando sarà stato completato il giro si sarà al punto di partenza; b. perché già oggi sulla sanità, che assorbe circa l’80% dei bilanci regionali, non esiste alcuna unità nazionale, ma un sommarsi di domini regionali.
Con l’approvazione del Senato e il passaggio alla Camera si compie, comunque, un ideale di destra? È stata, come dicono gli entusiasti, una giornata storica per l’Italia (e per la Lega)? No. La giornata storica è già passata da anni e si colloca nel 2001, quando il regionalismo differenziato è stato iscritto nella Costituzione da una risicata maggioranza di sinistra, che con prepotenza e deficienza volle la peggiore riforma costituzionale immaginabile.
Quanti, a sinistra, strillazzano contro il disegno Calderoli dimenticano di aggiungere: è colpa nostra. O fanno finta di non esserci stati? Magari sostenendo che il loro partito di allora non è il loro partito di oggi, come quelli di Fratelli d’Italia sostengono: «Non siamo mai stati al governo, perché prima eravamo in un altro partito». Patetico. Di quella dissennata riforma quel che resta agli italiani sono la distruzione del Servizio sanitario nazionale, la disfunzionalità della spesa sanitaria e la moltiplicazione dei debiti nascosti sotto lo zerbino delle Regioni. Poi, certo: ci sono Regioni in cui si è amministrato bene, altre in maniera accettabile e altre ancora una schifezza (soprattutto al Sud).

Osservare il dato rilevante: con continuità territoriale ma anche politica, perché a inutilmente amministrare macerie sono passati la destra, la sinistra, il sopra e il sotto. Circa il trionfo leghista – che effettivamente fu tale nel 2001, quando seppero esercitare egemonia culturale sui mona della sinistra, che li imitarono per batterli e furono battuti – oggi le cose stanno diversamente. Puntare sul differenziato significa avere abbandonato l’idea della Lega potente al Sud. In altre parole: Salvini fa finta di festeggiare, in realtà è la fine di un tentativo nazionale andato male. Posto che l’Italia è già spezzettata, quel disegno aggrava la situazione? Teoricamente no, perché se si fanno rispettare i Lep (ovvero i Livelli essenziali delle prestazioni, cui ciascun cittadino ha diritto a prescindere da dove risiede), le cose potrebbero anche andare meglio.

Ma perché la “e” abbia un senso, perché l’essenziale sia assicurato, occorrono due cose: 1. l’idea di cosa significhi; 2. i soldi per pagare. I secondi non ci sono e di idee ce ne sono talmente tante che è come dire che non ce n’è nessuna. Quindi le bandiere sventolano dopo il primo passaggio, poi risventoleranno dopo il secondo (forse finale), ergo si voterà per le europee e di tutto questo si tornerà a parlare in vista della successiva campagna elettorale. Nel frattempo ci si impegnerà nel varare la riforma istituzionale intitolata al premierato, attualmente sgrammaticata, da imporre in un Paese in cui tutti già pensano esista il o la premier e che, comunque, se un senso glielo si vuole generosamente attribuire sarebbe quello di andare in direzione esattamente opposta al differenziato.

Ma non facciamone un dramma, l’Italia ha sempre l’appiglio del ridicolo e dello scetticismo, che talora fanno miracoli. Basti pensare che gli alfieri del differenziato più differente che ci sia, quelli che prima volevano il separatismo e poi s’acconciarono al federalismo (senza Stato federale), quelli che ora si battono per l’autonomia, poi s’alzano una mattina e, perdindirindina, s’accorgono che alle amministrazioni locali va tolto financo il potere d’imporre un limite di velocità. Ma c’è da capirli: pensavano fosse de sinistra e s’accorsero che l’aveva già fatto la destra, supponevano d’essere autonomisti e si svegliarono maniacalmente centralisti. E ci vuol classe, per tanto differenziale.

Davide Giacalone, La Ragione 24 gennaio 2024

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