Vedremo cosa sceglieranno gli ortotteri, fra coerenza e ragionevolezza. Gli altri stiano attenti a non cadere nell’irragionevole incoerenza. Si vedono troppi ghigni beffardi, della serie: finalmente hanno beccato anche loro. Stiano attenti a non finire beffati, perché, al di là delle battute e delle esagerazioni, i paragoni, sia numerici che di sostanza, non reggono. E se induce a umana compassione il deputato frinente che si propone di valutare se quell’avviso di garanzia è un atto dovuto, o meno; desta un certo fastidio la voglia di cavalcare tutti i cavalli, senza mai scendere dalla groppa, di chi, come il segretario del Pd e presidente del Consiglio, rimprovera la sinistra, un tempo dedita allo “strumentalizzare gli avvisi di garanzia”. L’autocritica deve farla, Matteo Renzi, non rispetto a quel passato orrido, ma rispetto al suo presente, intento ad allungare i tempi della prescrizione. Perché quella roba aggrava il problema.
Gli stellari movimentati hanno ragione, a volere leggere le carte e capire. Il solo fatto che se lo propongano, però, segna l’insanabile incoerenza con i loro proclami passati: dimissioni subito, poi si vede. Ma erano proclami errati, mentre ora s’accorgono che equivale a traslocare la sovranità in procura. Hanno ragione a volere capire e distinguere, ma devono rendersi conto che ciò segna la rottura e la distanza fra la morale politica e quella della procedura penale. Né possono sperare di cavarsela sospendendo (non espellendo) il sindaco che già stava loro antipatico, Pizzarotti, perché così facendo s’allineano all’ipocrisia partitante. I più colti potranno rileggere (o leggere, più probabilmente) Niccolò Machiavelli, salvo capire che le tonache di allora sono le toghe di oggi. E non solo occorre distinguere e capire, ma si può anche giungere alla conclusione che il condannato sia il migliore fra noi, quello da votare e sostenere con più convinzione. Magari proprio perché si è fatto condannare difendendo una giusta causa. E’ il caso dei sindaci grillini? Non ne ho idea, da cittadino attendo le sentenze (o i proscioglimenti). Occhio, però, la morale politica recita: se la spazzatura non si raccoglie e il teatro implode, per giunta avendo tu commesso reati per evitarlo, vedremo se sei un delinquente, di sicuro sei un incapace.
I sorrisini sono fessi, perché in materie come queste non esiste il mal comune mezzo gaudio, semmai doppio disastro. L’eventuale diffondersi dell’idea che tutti i politici sono effettivamente ladri potrà alleviare il fastidio recato da certe opposizioni, ma propizia il precipitare di tutti. Né, del resto, il fatto che qualche amministratore dei moralisti abbia problemi giudiziari potrà mai cancellare il problema di amministrazioni popolate da gente con carichi pendenti. E allora?
Allora la sola soluzione ragionevole consiste nel restituire autonomia alla politica, evitando che l’inquisizione diventi automaticamente esclusione, ma, prima di tutto, nel far funzionare la giustizia. Se il tempo che intercorre fra l’accusa e la sentenza (o patteggiamento, o proscioglimento) è breve, si può trattenere il fiato e aspettare. Se è lungo il tanfo appesterà l’aria. Quindi l’esatto contrario dell’allungare la broda dei procedimenti, allungando la prescrizione.
Gli avvisi di garanzia (a proposito: l’iscrizione nell’albo degli indagati è obbligatorio per legge, se la procura indaga su qualcuno, l’invio dell’avviso di garanzia lo diviene quando per un atto d’indagine è prevista la presenza della difesa, il resto è goffo annaspare) possono essere oggetti contundenti. Complimenti alle formazioni ortottere, per la prontezza di riflessi. Ma che si fa? Mica si può fermare la giustizia. La soluzione è altra: cancellare l’obbligatorietà dell’azione penale, separare le carriere, descrivere il procuratore per quel che è già, un accusatore, sicché misurarne le capacità: se continuerà ad accusare cittadini poi condannati, applausi e grande carriera; se lo farà verso persone che troppo spesso verranno poi assolte, prima carriera sotto vigilanza, poi meglio stroncargliela. L’esercizio di un potere deve sempre comportare responsabilità.
I pentastellati provano il dolore del trauma. Speriamo sia educativo e li induca a ragionare. Cambiare idea è atto nobile, se sofferto. Non come certo camaleontico trasformismo di gente che passa da innocentista a colpevolista, a seconda della convenienza, senza mai passare per garantista.
Pubblicato da Libero