Politica

Diritto da turchi

Se non si è turchi non c’è ragione di gioire per l’accordo fra l’Unione europea e la Turchia. Ma l’insidia più grossa non è stata messa a fuoco. Eppure si tratta del prezzo più alto, dell’umiliazione più netta, del pericolo più insidioso.

E’ esplicitamente previsto che l’accordo sia temporaneo. Ma è solo un’ipocrisia. La Turchia ha ottenuto 6 miliardi al posto di 3, la parte addizionale sarà pagata entro la fine del 2018. E quando le cose temporanee scadono fra più di due anni profumano di permanente. L’accordo si doveva fare, anche subendo la pressione, per non dire il ricatto, turco. E’ la conseguenza del ritardo con cui ci si è accorti della reale natura e dimensione del problema, dopo anni passati a cincischiare fra interessi e confini nazionali, facendo salire la temperatura delle rispettive opinioni pubbliche. Quell’accordo, però, trascura un punto delicato, che potrà ritorcersi contro di noi.

Prima di arrivarsi alcune osservazioni. 1. L’accordo con i Turchi va bene per chi ha confini interni a Schengen e per i greci, mentre lascia scoperte altre frontiere esterne. Le masse d’immigrati, ancora colpevolmente frammiste di profughi e potenziali clandestini, sono come una pressione idraulica, alimentata dalle guerre e dalla miseria: se chiudi una falla aumenta la spinta verso le altre. Se tappi il passaggio fra Turchia e Grecia aumenterà l’aggiramento verso l’Albania e la deviazione verso la Libia. Da entrambe le parti si arriva a casa nostra. Il problema potrà riproporsi uguale, ma per noi ingigantito. 2. Tutti gli irregolarmente passati dalla Turchia alla Grecia, da oggi, saranno riportati nel primo Paese. Ma i provvedimenti non dovranno essere collettivi. Significa che si devono fare le identificazioni e stabilire chi ha diritto e chi no? In quel caso la soluzione non risolve. 3. Riprendere, in questo modo, il negoziato per l’adesione della Turchia all’Ue è grottesco. Se questo è l’inizio, meglio non pensare a cosa potrà accadere dopo. Può darsi sia una commedia, ma anche in quel caso si evitino figure da dilettanti: nel corso del precedente negoziato si chiese ai turchi di togliere dalla Costituzione il potere dei militari. Suppongo l’idea sia venuta guardano i film sulle giunte in divisa, ma essendo beatamente ignari che colà trattavasi di un bastione di laicità, nonché della sola classe dirigente cresciuta gomito a gomito con le democrazie occidentali, grazie alla Nato. Toglierli di mezzo è stato un regalo all’islamismo, rafforzato da una presunta legittimità democratica.

Veniamo al punto che più mi preoccupa: l’Ue consegna ai turchi non solo il ruolo di argine, ma assegna alla loro giurisdizione la sorte di quelle folle in movimento. Hai voglia a scrivere nell’accordo che si dovranno rispettare gli “standard internazionali”, hai voglia a far partecipare i loquaci e inefficaci dell’Unhcr (organizzazione Onu per i rifugiati), prima o dopo in quei campi sarà rilevato un serio problema di rispetto dei diritti umani. Che faremo? Diremo che son cose solo turche?

Sarebbe stato saggio insistere su uno schema capovolto, che qui tante volte abbiamo inutilmente caldeggiato: chiedere alla Turchia (come ad altri) di mettere a disposizioni aree da far divenire extraterritoriali, in modo che quanti vi sono condotti non si trovino sotto la giurisdizione turca, ma neanche sotto quella di uno qualsiasi dei Paesi Ue, bensì sotto una comune giurisdizione europea, concepita apposta per questo fenomeno. Una comune polizia di frontiera non potrà mai funzionare, senza una comune giurisdizione alle spalle. Campi fuori da quel diritto e dal quel controllo possono essere bombe umanitarie. Senza contare che la civilissima Ue non dovrebbe neanche supporre di cedere terreno in materia di diritto. E’ fin troppo evidente che quella buccia di banana finirà sotto i nostri stessi piedi. Oggi sono tutti contenti, perché s’è riusciti a prendere tempo. Ma è minima la differenza rispetto a perderlo, se si finge di non vedere in che razza di situazione ci siamo messi.

Pubblicato da Libero

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