Che le convulsioni correntizie abbiano superato il livello di guardia, nel Partito democratico, è piuttosto evidente. Al punto che sarebbe impietoso, ma non infondato considerarlo un partito apparente. Ma si è a un passo dallo stato politicamente confusionale. Allora: se intendevano avere un governo del presidente, in modo da mascherare sotto l’ossequio a Giorgio Napolitano la tragedia dell’avere inseguito per un mese e mezzo i grillini, in attesa di abbandonarsi alle cavallette, non avevano che da lasciar avanzare Giuliano Amato. Per quel genere di formula era lui il candidato ideale. Invece lo hanno silurato, per due volte in una settimana.
A sinistra detestano Amato. Anche a destra, per la verità, molti lo detestano. Solo che a dritta taluno, di tanto in tanto, conserva la capacità di ragionare politicamente, mentre a manca si va per sussulti ormonali. Aperta parentesi: non c’è dubbio che Amato percepisce due pensioni smisurate, ed è fuori discussione che se le sia guadagnate con i contributi versati, essendo il frutto di favori legislativi che, difatti, hanno scassato il sistema pensionistico, così come è indubbio che chi vuol governare dovrebbe evitare di trovarsi in tali situazioni, pur legittime, ma non di meno odiose, detto ciò, però, è altrettanto indubbio che il ragionare politico non può confinarsi dentro tali elementi e, magari, deve tenere in conto qualche altra cosa. A sinistra, comunque, lo hanno seccato perché lo ritengono potenzialmente capace di portare l’Italia a essere una Repubblica presidenziale. Che è la medesima ragione per cui potrebbe essere apprezzato. Chiusa parentesi.
Eliminato il dottor sottile, la palla è passata a Enrico Letta. Il quale è vice segretario del Pd, nonché reggente del medesimo, dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani, ed anche capo della delegazione ricevuta al Quirinale. Un uomo, pertanto, a tutti gli effetti politico. Anche perché non risulta abbia fatto altro, nella vita. Se il capo del governo sarà Letta, è del tutto evidente che i ministri del centro destra saranno persone omologhe. Tanto per capirsi: se c’è Letta ci sarà Angelino Alfano (vengono, per giunta, dalla stessa cucciolata); se ci sarà Massimo D’Alema ci sarà, che so io?, Mariastella Gelmini o Renato Brunetta. Mi pare del tutto ovvio. Ma siccome una fetta del Pd ha dichiarato guerra alla logica, anche quella banale, pretendono di avere fatto fuori Franco Marini, che era loro, non avere votato Romano Prodi, che era loro, avere rifiutato Amato, che è di sinistra, ma prendersi Letta ponendo veti sui ministri altrui. Non saprei come altro definire questo atteggiamento, se non “stato confusionale”. Se proprio vogliono, tutti o alcuni, comportarsi così, fanno prima a dire che non vogliono il governo Letta.
Difatti sono tanti, nel Pd, a non volerlo. Solo che c’è un marginale dettaglio: avendo umiliato Giorgio Napolitano, nella parte finale del precedente settennato, ed essendo ricorsi a lui solo dopo essersi persi, se provano a fare gli schizzinosi si beccano le elezioni rianticipate. Dopo di che la loro rappresentanza parlamentare si dimezza. A grandeggiare. Tale triste consapevolezza porta alcuni a fare gli intransigenti, salvo transigere nel caso in cui si offra loro un ministero. Atteggiamento che generosamente oscura la tragedia scilipotista, consustanziale alla fine del governo Berlusconi.
A me questa sinistra non piace. Ha la colpa storica di non avere saputo ripudiare il proprio passato ideologico, il che trascina nella vergogna anche il loro passato glorioso. Ma come non si raddrizza l’Italia cancellando la destra e il suo leader, neanche la si raddrizza con una sinistra che smotta nell’assurdo. Spero, quindi, che si riprenda, smettendo di drogarsi con l’antiberlusconismo. Così aiutando tutti sulla via della disintossicazione.
Pubblicato da Libero