Politica

Dopo i referendum

Accorpare il voto referendario alle elezioni europee è l’unica scelta sensata. Tutto il resto è spreco, ma anche dimostrazione di paura, che annebbia le idee. I referendum sulle leggi elettorali non mi sono mai piaciuti e non li ho mai firmati, al contrario di tanti amici che stimo. Cambiare una norma complessa per sottrazione non è un buon modo di procedere. Vero è anche, però, che senza stimoli esterni il sistema politico tende solo ad autoconservarsi.
I quesiti, ora, riguardano il premio di maggioranza: attualmente assegnato alla coalizione che prende più voti, sarebbe, domani, appannaggio del partito (singolare) di maggioranza relativa. Ad essere contraria dovrebbe essere la sinistra, per due ragioni: a. non è neanche all’orizzonte l’ipotesi che uno solo dei loro partiti prenda un voto più di tutti gli altri; b. l’unica ipotesi di vittoria, come Prodi ha abbondantemente dimostrato, è coalizzare tutti contro Berlusconi. A mettersi di traverso, invece, è la Lega. Il perché è semplice: con una legge di quel tipo finirebbe il suo potere di condizionare il Pdl. Lo scontro, pertanto, è dentro lo schieramento vincente.
Se il centro destra avesse sale in zucca, avrebbe prevenuto il problema varando una riforma del sistema elettorale, quale anticipazione di quella istituzionale. Avrebbe neutralizzato i referendum ed evitato di difendere la propria coesione interna a spese degli italiani, puntando sulla non partecipazione alle urne. Calcolo doppiamente sbagliato, sia perché impresentabile che perché autolesionista. Non lo ha fatto, preferendo posticipare le tensioni e giocando nell’immobilismo (su questo tema) il primo e più forte anno della legislatura. Ora è tardi, e si aprono tre strade.
La prima, data del voto a parte, consiste nella vittoria dell’astensionismo. La Lega trionferebbe, le pressioni salirebbero e, per non cadere, il governo dovrebbe rassegnarsi a mediare e fare il meno possibile. La seconda, se il referendum passa, consiste nel riformare la legge successivamente, con le istituzioni, in tre anni. Il governo ci guadagnerebbe, come anche l’opposizione seria ed il Paese. La terza, sempre a referendum passati, spinge verso il dissolvimento di questa maggioranza, affondando la legislatura. La prima è pessima, la terza quasi folle. Tutte interne al palazzo.

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