Politica

Due agende

claudio durigon

In cima all’agenda del governo c’è il rispetto dei tempi e il conseguimento degli obiettivi legati all’utilizzo dei fondi europei. In cima all’agenda politica pare ci sia il caso Durignon. Alla prima agenda è legato il futuro dell’Italia e la natura stessa dell’Unione europea, come il peso, in quella, dell’Italia. Alla seconda agenda è legata l’identità dei partiti che compongono la maggioranza, costretti a inscenare un fronte al giorno per rammentare ai propri tifosi che ancora esistono, ricordando così anche alla maggioranza relativa che non riesce a preferirne uno il perché di tanta diffidenza. Sono conciliabili, le due agende?

Intanto non sono paragonabili. Neanche sono cancellabili. Senza sforzarsi troppo, considerata la callara, ci si accorge che oltre a essere conciliabili sono conciliate. Ciascuno dei componenti della maggioranza ha, nel tempo, escluso categoricamente che si sarebbe mai trovato a collaborare con ciascuno degli altri. Sono lì, assieme. E questo è un fatto. Dovrebbe esserlo anche la consapevolezza che sarà così ancora per due anni, considerato che nessuno di loro ha una benché lontanamente credibile alternativa né di contenuto né di composizione al governo in carica. C’è qualcuno che la pensa diversamente, immaginando Draghi al Colle? Sarà decollato, perché la partita continentale lo vedrebbe perdente. Sarebbe un azzardo masochista.

Il bello, si fa per dire, è che non durerà solo due anni, ma più a lungo, perché nel tempo prevedibile né a destra né a sinistra s’intravvede una maggioranza coesa e autosufficiente. Lasciate perdere i sondaggi, perché si sommano cose che domani si divideranno. Ed è questo il paradosso: se non vogliono votarsi a un futuro tedesco (ma senza la teutonica serietà), fatto di coalizioni fra potenziali alternativi, anziché star lì a baccagliare sugli scarti dovrebbero trovare un accordo sul sistema elettorale e sulle riforme costituzionali. Si creerebbe il contesto e la legittimazione dell’alternanza, che mancano dal 1994. Nel frattempo il governo si dedicherebbe alla prima agenda, quella seria, prendendosi i partiti un altrettanto serio lavoro da fare.

Se anziché cogliere i frutti della forzata unità intendono coltivare i rovi delle presunte identità, allora non resta loro che votare assieme sull’agenda di governo e litigare su tutto il resto, accampando motivazioni epocali per questioni che poi evaporano con imbarazzante velocità. Buon Ferragosto.

Davide Giacalone, La Ragione

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