Politica

Elettori uniti, dirigenti divisi

Veltroni ha ragione, quando sostiene che l’elettorato di sinistra è “con il partito democratico” assai più dei gruppi dirigenti. Gli elettori, non c’è dubbio, vorrebbero una sinistra capace di governare, non frammentata e rissosa. La stessa cosa avviene a destra, dove gli elettori sono un insieme più omogeneo di quanto non abbiano dimostrato, anche di recente, i rispettivi dirigenti. I capi partito, da una parte e dall’altra, alimentano differenze e diffidenze per garantirsi la sopravvivenza. Non a caso si tratta di gente che fa politica per mestiere, da una vita e senza possibilità alcuna di lavorare altrove, né avendolo mai fatto.
L’Italia non sarà bipartitica, perché non è nella sua natura. Ma gioverebbe alla salute democratica una concentrazione di forze, da una parte e dall’altra, senza la pretesa di togliere la parola ad una sinistra movimentista o ad una destra reazionaria, né ad altre identità. Per restituire peso all’elettorato moderato e ragionevole non serve fare l’ennesimo partitino di centro, semmai si deve andare verso una politica che sia confronto di programmi e non guerra d’appartenenze, che privilegi le idee e non le ideologie, in modo che siano quegli elettori, spostandosi, a determinare la vittoria di chi dovrà governare. Per conquistarsi questo paradiso democratico occorrono riforme condivise, istituzionali ed elettorali, ma, prima ancora, serve un costume politico. Su questo mi soffermo, a campagna elettorale oramai avviata.
Per approdare ad una democrazia che garantisca governabilità ed alternanza occorrono due condizioni preliminari: a. che le forze politiche riscoprano la democrazia interna; b. che si riconoscano come legittimate a vincere. Non giriamoci attorno: le primarie sono state una presa in giro, e a destra non si sono neanche fatte. La democrazia ha bisogno di partiti democratici, dove i più bravi possano aspirare a guidarli, e non funziona né con strutture padronali né con lasciti ereditari. Il prodismo è stata l’ultima incarnazione del falso bipolarismo, comprendendone tutti i guasti, a partire dall’arroganza. Serva d’insegnamento: chi vince governa, ma non piglia tutto, ed il confronto istituzionale non è un optional per generosi, ma una necessità ed un buon costume. E’ ora di riliberare e ricostruire la nostra democrazia.

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